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CAPE TRIBULATION

Dopo una settimana ospiti di Nat, con relative escursioni nei dintorni di Babinda, lasciamo la nostra casetta nella foresta pluviale per andare alla scoperta di altri posti. Nei nostri programmi iniziali era previsto un lungo spostamento verso sud: 1800 chilometri da percorrere in 4 o 5 giorni, con tappe intermedie alle meravgliose Isole Whitsundays e arrivo a Brisbane.
Invece abbiamo cambiato idea: dai telegiornali giunge notizia che l'influenza H1N1 nel Queensland meridionale (e nel centro urbano di Brisbane in particolare) è molto diffusa... Inoltre, essendo l'inverno australe, più viaggiamo verso sud, più la temperature scende. Pertanto decidiamo un cambiamento di "rotta" e puntiamo verso nord!

Un tempio dei Sikh, a testimonianza di una folta comunità indiana a sud di Cairns.

Oltrepassiamo Cairns, superiamo anche Trinity Beach, e guidiamo decisi verso Cape Tribulation.
A nord di Cairns il paesaggio cambia più volte: in certi tratti la foresta si dirada e il panorama sembra quasi mediterraneo; in altre parti la giungla è molto fitta e arriva fino al mare. Il comune denominatore, comunque, è rappresentato da spiagge stupende e panorami incantevoli.

Oltrepassiamo la cittadina di Mossman, ripromettendoci di visitarla con calma al ritorno, ma restiamo nei dintorni. In particolare pranziamo nella riserba aborigena di Mossman Gorges, un luogo che per gli autoctoni australiani è sacro perchè carico di energia.
In effetti, si tratta di un corso d'acqua che crea dei laghetti, o meglio delle pozze, dove parecchia gente si tuffa, tra massi di granito arrotondati dall'erosione. Un bel posto, ma niente di eccezionale.

Dopo pranzo ripartiamo: siamo ormai a 10° di latitudine sud; l'equatore non è lontanissimo e l'arietta temperata nonostante la stagione è particolarmente piacevole.
La strada s'interrompe bruscamente presso un fiume veramente imponente: stavolta non è il solito ruscello (o creek, come chiamano qui i corsi d'acqua minori), ma il Daintree River, che, tra l'altro, è infestato da coccodrilli.
Aspettiamo un ventina di minuti che il traghetto venga a prenderci per portarci sulla riva opposta. Come l'anno scorso in Brasile, si tratta di una chiatta che ha l'aria alquanto precaria, il che non è proprio il massimo data la presenza dei famelici crocs. Un cartello invita a restare chiusi in macchina;... e chi si muove!

A nord del Daintree River la strada diventa estremamente stretta, anche se di rande fascino. Il nastro d'asfalto attraversa una foresta pluviale fittissima, tanto che in diversi punti la luce fatica a penetrare la canopia.
Siamo nel Daintree National Park, un parco nazionale che serve a tutelare l'integrità della foresta pluviale più antica del pianeta. Qui questi alberi imponenti ricoprono tutto esattamente come un milione di anni fa: un ulteriore motio che dovrebbe farci riflettere sull'importanza di attivarci per limitare al massimpo i cambiamenti climatici.
Prima che scenda il buio, facciamo in tempo a passeggiare sulla spiaggia di Cow Bay, il cui nome non si riferisce a nessuna mucca, ma al dugongo, il mite mammifero marino che per gli aborigeni è un «cow-fish», cioè un "pesce-mucca"! Be', in fondo non hanno tanto torto...

Oggi non arriviamo a Cape Tribulation, ma ci fermiamo una tentina di chilometri più a sud in un resort chiamato Daintree Forest Retreat. Il posto è molto bello: siamo nel cuore della giungla, passano pochisime auto e non c'è neanche un centro abitato nei dintorni. La civiltà sembra veramente lontana e non c'è alcun segnale sui nostri cellulari.

Per cena andiamo nell'unico ristorante presente in zona e che si trova di fronte il nostro albergo. Ordinamo fish and chips e un'insalata di contorno. Non è tardissimo: saranno circa le ventuno, ma la giornata è stata faticosa per il lungo trasferimento in macchina, così decidiamo di andare a letto, dato che in piena foresta la notte tropicale è buia che più buia non si può e non c'è nessun posto da visitare nei paraggi. Siamo convinti che in questo paradiso trascorreremo una notte tranquillissima. Mai previsione fu più errata...

Con un tempismo perfetto la nostra nottata comincia trenta secondi dopo aver appoggiato la testa sul cuscino. Non ho neanche finito di dire: «Ahhhhh! Che pace! Che tranquillit......» che sentiamo BOOOM!!!. Il nostro bungalow ha il tetto di lamiera e si trova sotto un gigantesco albero con dei frutti biancastri sconosciuti aventi la dimensione di una grossa mela. Pensiamo: «Che sfortuna! Un frutto deve aver beccato il nostro tetto... Vabbè, ogni tanto può anche succedere...» RI-BOOOM!!! Un'altra volta?!?
Da quel momento è l'inferno: un vero e proprio bombardamento che va avanti tutta la notte! Non riusciamo a chiudere occhio. Letteralmente. Poi, con noi distrutti per la nottata in bianco, alle prime luci dell'alba il bombardamento cessa, così come era cominciato...

Non ci spiegamo come mai i frutti non cadano più. Che siano venuti giù tutti?
Mi lamento col proprietario dell'hotel e chiedo il motivo di quei botti assurdi. Risposta: i pipistrelli della frutta! Mordicchiano il gambo dei frutti per farli cadere e... ci riescono benissimo!

«Uè Vincenzì',... come mi sento depresso!»
«E perchè mai, serpentello giocoso?»
«Per cominciare j' non sono un "serpentello giocoso", ma sono un pitone diamantino...»
«Certo, scusa: non volevo offendere...»
«... e comunque, sono depresso perchè nessuno vuole che stiamo VICINI-VICINI!!! Ah, che vita 'ngrata!»
«Ma dài! Vedrai che prima o poi...»
«Non è solo questo...»
«Ah no? Cos'altro c'è?»
«Ti devo confessa' 'na cosa: sono gay!!!»
«Ma figurati! Questo non è un problema! Basta sapersi accettare!»
«E come faccio?!? Proprio io che sono il simbolo fallico per eccellenza! Ah come sono depresso!...
«Fatti forza: non è così grave. Dài: per consolarti ti chiedo di stare un po' VICINI-VICINI!!!... E poi ti prometto che quando tornerò in Italia ti chiamerò.»
«Sì, vabbè, ma nun me chiamà alle due chè c'è bbiutiful

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