Vanuatu - Uluru6 luglio - 3 agosto 2012

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Ayers Rock: ULURU

Secondo giorno: giusto il tempo di fare colazione e torniamo a Uluru. Oggi abbiamo in programma di percorrere a piedi l'intero perimetro del monolìto. Sono circa 8 km e da sempre ho sognato di poterli fare di corsa. Tuttavia la recente esperienza influenzale sconsiglia l'attività podistica, nonostante le condizioni ideali siano ideali: la temperatura è di 22°C e non c'è vento.
Cos'è un "monolìto" [detto anche "monòlito"]? E' una grossa... pietra"! A differenza delle montagne che tutti conosciamo (le quali sono costituite da un insieme di tanti strati di roccia sovrapposti, affiancati, incastrati gli uni negli altri), un monolito è un unico blocco non spezzato di pietra: in pratica un unico sasso!

Una caratteristica di Uluru è che esso cambia colore nelle diverse ore del giorno. I momenti più spettacolari sono il tramonto e soprattutto l'alba.
Al tramonto diventa di un rosso acceso dopo essere apparso arancione, ocra, marrone durante il giorno. Avremmo voluto vederlo all'alba, quando la gamma cromatica è ancora più variegata, dato che Uluru passa in breve tempo dal viola al rosa, al giallo, al vermiglio... Però non abbiamo avuto la forza di alzarci sufficientemente presto per godere di questo spettacolo della natura, non tanto per pigrizia, quanto per un altro motivo del quale dirò in seguito.

Uluru è un luogo sacro per gli aborigeni, ai quali è stato formalmente riconsegnato dal governo australiano nel 1985. Il termine "Uluru" è il nome aborigeno originale del luogo; si pensa derivi dalla parola «ulerenye», una parola dela lingua degli aborigeni Arrernt che significa "strano". E, in effetti, "strano" è l'aggettivo più adatto per etichettare una struttura che si distingue nettamente nella piattezza dell'outback australiano, completamente piatto per migliaia di chilometri circostanti.
Il primo non indigeno ad avvistare la formazione fu l'esploratore Ernest Giles, nell'ottobre del 1872. Vide il massiccio da molto lontano ma non poté avvicinarsi a causa del lago Amadeus in quel momento pieno d'acqua. Il 19 luglio dell'anno successivo, William Gosse battezzò la roccia "Ayers Rock" in onore dell'allora Premier del Sud Australia Sir Henry Ayers.

Uluru ha un ruolo particolare nella mitologia del dreamtime ("era del sogno", o tjukurpa) delle popolazioni del luogo. In generale, il tjukurpa è un insieme di "miti di formazione", volti a spiegare l'origine delle caratteristiche geografiche del territorio (pozze, montagne, caverne e così via), le quali sarebbero "tracce" dei viaggi e delle azioni di esseri ancestrali, vissuti, appunto, nell'«epoca del sogno» che ha preceduto la memoria umana.
La maggior parte dei miti su Uluru (sulle sue caverne, le sue pozze, le sue sorgenti) sono segrete, e non vengono rivelate ai piranypa (i non-aborigeni, cioè... noi!); solo gli elementi generali della storia relativa alla nascita di Uluru sono noti, e spesso dobbiamo desumerli dai graffiti e dalle pitture rupestri che abbondano in tutto l'area.

Considerazione personale: gli aborigeni sono stati in passato un popolo, o meglio: un insieme di popoli, in grado di sviluppare una cultura intelligente e alquanto elaborata. Non mi spiego come mai oggi, nella maggior parte, si siano ridotti a dei relitti umani dediti all'alcool, emarginati dalla società e del tutto passivi.
Rappresentano una delle popolazioni della terra tra le quali il tasso di alcolismo è più elevato.
Per questi motivi mi dànno un po' fastidio i tanti divieti che riguardano Uluru: "vietato fotografare questa roccia", "vietato fotografare quell'albero", "vietato fotografare questa sorgente",... Oh insomma! Che pensino a bere meno birra e a industriarsi un po' di più, anzichè vivere ancora aggrappati a un passato che non c'è più!
Capisco l'esigenza di rispettare le credenze e le usanze dei popoli indigeni; accetto anche, mio malgrado, che si sconsigli di scalare Uluru, però non puoi vietarmi di scattare fotografie in un ambiente all'aria aperta... A me quella roccia e quell'albero piacciono e, quindi, clik-clik-clik, le foto io le faccio, uffa!

Nell'escursione di stamattina abbiamo lasciato la macchina al parcheggio non lontano dal Visitor Center. Il biglietto di 25 dollari australiani a persona, pagato ieri, fortunatamente vale per tre giorni. Ci sono anche delle visite guidate con un ranger che spiega i vari particolari di Uluru; tuttavia la pace e la serenità del luogo ci spingono a evitare la comitiva di una quindicina di turisti che seguono il ranger e, per quanto il racconto possa essere interessante, preferiamo fare l'escursione da soli.
Il periplo del monòlito è lungo circa 8 chilometri. Durante il primo tratto vediamo alcune pitture rupestri, ed è qui che incontriamo Mülki & Merina. Sembrano i nomi di due merendine al cioccolato ma sono due ragazze tedesche che stanno insieme da sette anni e che l'anno scorso si sono persino sposate. Mülki ci fa persino vedere le foto del loro matrimonio memorizzate sul suo telefonino... Guardare un album fotografico lesbo a Uluru, nel cuore desertico dell'Australia... Cosa c'è di più improbabile???

Un simpatico incontro con un thorny devil, una lucertolina dal nome e dall'aspetto minaccioso ma che, in realtà, è del tutto innocua. Anzi, si muove in modo esasperantemente lento e si espone al pericolo di qualche gesto inconsulto da parte degli umani. Infatti, attorno all'animaletto c'è anche una famigliola francese: padre, madre e due bambine. La più piccola delle due se ne esce con la sparata: «Peux-je l'écraser?» La madre la blocca subito, fortunatamente, e anch'io penso: «Prova a schiacciare questa lucertolina e farai la stessa fine!»

La pausa-pranzo ristoratrice dopo aver completato, in circa tre ore, l'intero percorso attorno a Uluru. Mülki & Merina mangiano sedano e dei crakers; Vincenzo ha, invece, preparato per noi degli ottimi sandwich con pomodoro, insalata e formaggio. Arance come frutta. Leggero e salutare.

Non ci siamo avventurati nella scalata di Uluru. Semplicemente ci siamo limitati a percorrere un breve tratto iniziale, giusto per avere un'idea della zona. E, in effetti, basta salire appena una decina di metri per notare lo spettacolo della sconfinata pianura tutt'intorno, interrotta soltanto dai monti Olgas (Kata Tjuta) una ventina di chilometri in linea d'aria più a ovest.

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