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Ayers Rock: ULURU
Secondo giorno: giusto il tempo di fare colazione e torniamo a Uluru. Oggi abbiamo in programma di percorrere a piedi l'intero perimetro del monolìto. Sono circa 8 km e da sempre ho sognato di poterli fare di corsa. Tuttavia la recente esperienza influenzale sconsiglia l'attività podistica, nonostante le condizioni ideali siano ideali: la temperatura è di 22°C e non c'è vento. |
Una caratteristica di Uluru è che esso cambia colore nelle diverse ore del giorno. I momenti più spettacolari sono il tramonto e soprattutto l'alba. |
Uluru è un luogo sacro per gli aborigeni, ai quali è stato formalmente riconsegnato dal governo australiano nel 1985. Il termine "Uluru" è il nome aborigeno originale del luogo; si pensa derivi dalla parola «ulerenye», una parola dela lingua degli aborigeni Arrernt che significa "strano". E, in effetti, "strano" è l'aggettivo più adatto per etichettare una struttura che si distingue nettamente nella piattezza dell'outback australiano, completamente piatto per migliaia di chilometri circostanti. |
Uluru ha un ruolo particolare nella mitologia del dreamtime ("era del sogno", o tjukurpa) delle popolazioni del luogo. In generale, il tjukurpa è un insieme di "miti di formazione", volti a spiegare l'origine delle caratteristiche geografiche del territorio (pozze, montagne, caverne e così via), le quali sarebbero "tracce" dei viaggi e delle azioni di esseri ancestrali, vissuti, appunto, nell'«epoca del sogno» che ha preceduto la memoria umana. |
Considerazione personale: gli aborigeni sono stati in passato un popolo, o meglio: un insieme di popoli, in grado di sviluppare una cultura intelligente e alquanto elaborata. Non mi spiego come mai oggi, nella maggior parte, si siano ridotti a dei relitti umani dediti all'alcool, emarginati dalla società e del tutto passivi. |
Nell'escursione di stamattina abbiamo lasciato la macchina al parcheggio non lontano dal Visitor Center. Il biglietto di 25 dollari australiani a persona, pagato ieri, fortunatamente vale per tre giorni. Ci sono anche delle visite guidate con un ranger che spiega i vari particolari di Uluru; tuttavia la pace e la serenità del luogo ci spingono a evitare la comitiva di una quindicina di turisti che seguono il ranger e, per quanto il racconto possa essere interessante, preferiamo fare l'escursione da soli. |
Un simpatico incontro con un thorny devil, una lucertolina dal nome e dall'aspetto minaccioso ma che, in realtà, è del tutto innocua. Anzi, si muove in modo esasperantemente lento e si espone al pericolo di qualche gesto inconsulto da parte degli umani. Infatti, attorno all'animaletto c'è anche una famigliola francese: padre, madre e due bambine. La più piccola delle due se ne esce con la sparata: «Peux-je l'écraser?» La madre la blocca subito, fortunatamente, e anch'io penso: «Prova a schiacciare questa lucertolina e farai la stessa fine!» |
La pausa-pranzo ristoratrice dopo aver completato, in circa tre ore, l'intero percorso attorno a Uluru. Mülki & Merina mangiano sedano e dei crakers; Vincenzo ha, invece, preparato per noi degli ottimi sandwich con pomodoro, insalata e formaggio. Arance come frutta. Leggero e salutare. |
Non ci siamo avventurati nella scalata di Uluru. Semplicemente ci siamo limitati a percorrere un breve tratto iniziale, giusto per avere un'idea della zona. E, in effetti, basta salire appena una decina di metri per notare lo spettacolo della sconfinata pianura tutt'intorno, interrotta soltanto dai monti Olgas (Kata Tjuta) una ventina di chilometri in linea d'aria più a ovest. |
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