Vanuatu - Uluru6 luglio - 3 agosto 2012

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Il vulcano YASUR

E' metà pomeriggio quando ripercorriamo in parte il sentiero che conduce verso il villaggio dei Nambas. A metà strada circa, c'è una deviazione sulla sinistra e di lì a poco...

... attraversiamo l'ingresso al Parco Nazionale del Monte Yasur. Tale varco è molto caratteristico poichè costruito in legno e foglie di banano, così come la totalità delle abitazioni (o, meglio, capanne) di quest'angolo di mondo.
Paghiamo il biglietto d'entrata al Parco, che non è per niente economico: sono 26 euro a testa, un prezzo decisamente esorbitante per la popolazione locale ma che evidetemente è impostato sui parametri dei visitatori stranieri, quasi tutti europei.

Anche in questa circostanza siamo accompagnati da Dominique, il quale prosegue "scalzo" (!!!) lungo una pista in terra battuta che è piena di sassi dai bordi irregolari. We wear sneakers and still we've got to go on carefully. It's really amazing how Dominique keeps getting on as if he were walking on a velvet carpet.
Il sentiero dapprima attraversa la fitta foresta, poi, però, la vegetazione inizia a diradarsi: restano essenzialmente piante grasse che, infine, spariscono per lasciare il posto a un paesaggio brullo, tipico degli ambienti vulcanici.
Inizialmente non c'è nessun altro oltre a noi. man mano che il tempo passa, arrivano alla spiciolata altri turisti, soprattutto francesi. Toh, c'è pue la coppia di sessantenni australiani: lei continua a stare zitta; lui continua a vomitare il suo incessante fiume di parole... bla-bla-bla...: «How fast does the lava flow? How many people have recently fallen into the crater? If you fall down there, do you usually die?» Ma che razza di domanda è questa?!? Insopportabile!

Il Monte Yasur è uno strato-vulcano alto circa 350 metri sul livello del mare. Il suo cratere ha un diametro di circa 400 metri ed è costantemente in eruzione da più di 800 anni. Le sue eruzioni, però, non sono per niente pericolose: si tratta essenzialmente di un'attività esplosiva di tipo stromboliano che si manifesta con degli sbuffi di lava e vapore che si succedono a distanza di pochi minuti gli uni dagli altri. Ovviamente ogni sbuffo è accompagnato da un boato impressionante, ma tutto finisce lì. Proprio per questo, il Monte Yasur è considerato uno dei vucani in attività più accessibili al mondo.

Con Dominique ci collochiamo proprio sul bordo del cratere, ovviamente in una posizione che sia sottovento, in modo che il vapore e i gas vulcanici che accompagnano ogni eruzione non ci investano direttamente. In fact we witness an icredible show: each explosion comes with a cloud of steam, which gets out from the crater: it expands everywhere, and apparently seems to invest us, but then, at the very last moment, the steam cloud abruptly stops a few yards from our faces, being diverted by the wind.
Il bagliore del vulcano fu ciò che probabilmente attitò l'attenzione del Capitano Cook, quando, nel 1774, scoprì l'isola di Tanna.
Oggi il cratere è un'area sacra per i seguaci del John Frum cargo cult.
Bla-bla-bla... «If there is an eruption, how quicly does the lava rise up to the edge? Could we overrun it?» Sì, certo: però solo se ti chiami Usain Bolt...

Ovviamente il momento migliore per vedere lo spettacolo naturale del Monte Yasur è dopo il tramonto, quando nel buio della sera i proiettili di lava tracciano nel cielo delle scie rossastre, in un'atmosfera da inferno dantesco.
Noi, però, ci siamo persi questo che doveva essere uno dei principali appuntamenti alle Vanuatu: ho la febbre - e anche parecchio alta (oltre 38°) - e così chiedo a Dominique di tornare al Banyan Tree Castle. Infatti, non vorrei tirare troppo la corda: nonostante la febbre alta, mi sono sobbarcato sia una scalata a piedi in cima al vulcano di circa un'ora e mezza, sia una sosta sul bordo del cratere col vento freddo che soffia incessantemente. Adesso c'è la prospettiva di una marcia a ritroso verso casa sempre a piedi, quindi,... arrivederci, Monte Yasur! (Nel frattempo quello lì... «Could you barbecue a chicken on a lava stone?»... Sì, ma non dimenticare il ketchup!

Per quanto la strada verso il Banyan Tree Castle sia in discesa, a me, malaticcio, sembra interminabile. Per giunta - come succede ai tropici - dopo le 18:30 è già buio pesto. Fortunatamente abbiamo con noi la fedele torcia ricaricabile; la luce che proietta però, che in un ambiente chiuso sembra forte e chiara, nell'oscurità della giungla pare un fioco lumicino. Io e Vincenzo riusciamo a malapena a vedere dove mettiamo i piedi, mentre Dominique, incredibile ma vero, procede tranquillamente a... "lume di naso", come se conoscesse a memoria ogni pietra, ogni ramo, ogni particolare della foresta.
Giungiamo al Banyan e troviamo già la cena a tavola. Speriamo che non sia di nuovo pollo! Fortunatamente c'è pesce, o almeno così pare dal gusto, visto che non riusciamo a scorgere granchè di quello che mettiamo in bocca. Il proprietario John, in effetti, ci aveva preannunciato che il carburante per il generatore era agli sgoccioli. E puntualmente, al secondo boccone di riso, uno sput-sput-sput accompagna un abbassamento dell'intensità delle lampadine e preannuncia... le tenebre. Il generatore, infatti, esala l'ultimo respiro e siamo al buio.
La cena continua alla luce delle pile ricaricabili; non vediamo molto di quello che c'è nei piatti, ma per certi versi è meglio così: date le condizioni igieniche alquanto approssimative, occhio non vede, ..."pancia" non duole!
Stasera a cena con noi ci sono due ragazze inglesi che sono appena arrivate. Sono studentesse di medicina e sono reduci da uno stage all'estero pagato dal governo britannico. Con un pizzico d'invidia, apprendiamo che ogni studente di medicina in Gran Bretagna ha diritto a 5 settimane di tirocinio in un qualsiasi Paese del mondo a sua scelta.

A quanto pare, le due tizie hanno deciso di scegliere una destinazione tropicale (che furbette!). Adesso, finite le 5 settimane di studio-lavoro, hanno diritto a un altro mese di vacanza. E così, dopo aver dato una mano nell'ospedale dell'isola di Espiritu Santo (a nord di Efate), sono ora a zonzo nel sud dell'arcipelago.
A cena io sono più morto che vivo. Non vedo l'ora di andare a ninna. Con grande gioia delle due ragazze inglesi, proponiamo uno scambio di accommodation: loro vanno su nella nostra capanna sull'albero, e noi scendiamo nella loro che si trova a piano terra: essendo più in basso, spero di evitare gli spifferi ai quali sarei più esposto lassù, dato che le finestre sono prive di imposte e, quindi, completamente aperte senza che ci sia verso di tapparle.
Vorrei proprio andare a letto, ma dopo cena c'è un fuori-programma: visto che è la nostra ultima notte al Banyan Tree Castle, alcune figlie (o nipoti? O nuore?) di John ci propongono una serie di canzoni per allietare la serata. Sarà la febbre, sarà che oggettivamente sono stonate, fatto sta che 'ste canzoncine sono un vero strazio! La foto che, in alto a sinistra, ritrae le tre «Spice Girls» è illuminata dal flash. In effetti lo show si svolge alla luce fioca della mia torcia ricaricabile. Così quando la più piccola del trio annuncia che ci sono ancora altre due canzoncine, io di nascosto spengo la torcia: restiamo nel buio più totale, e così nessuno ha potuto vedere i nostri nasi-da-Pinocchio che si allungavano quando dicevamo: «Oh no!!! What a shame! Such a beautiful song!»... In realtà, una delle due ragazze inglesi prova a dire: «I've got my own torch.... Ouchhh!»... Un calcio ben assestato della compagna - evidentemente anche lei stufa - fa capire che non è il caso di tirare fuori alcuna ulteriore lampadina tascabile-
Buona notte, Tanna!

La mattina della partenza, io ho la febbre che supera i 38°. Nel jeeppone che ci riporta all'aeroporto di Lénakel ci sono solo due posti liberi, data la presenza di una famigliola di francesi (oltre l'autista). Noi siamo in quattro: io e Vincenzo più le due inglesi. E chi se ne frega! Io m'infilo lesto nell'abitacolo, invitando Vincenzo a fare altrettanto. Alle due malcapitate non resta altro che salire sul rimorchio: viaggeranno all'esterno. Embè? Io là dietro non vado di certo! Ci mancherebbe altro! Già tollero appena l'aria condizionata della macchina di Umberto, figuriàmoci un'ora e mezza di folate su un trabiccolo traballante con 38° di febbre!
E con questa considerazione, la cavalleria e la cortesia maschile sono bell'e sistemate.
PS: le due inglesi non ci hanno più rivolto la parola. Pfui!
All'aeroporto c'è pure la coppia australiana: lui blatera di meno perchè ha... la febbre! Ah, ah: l'ho contagiato... Ben gli sta!

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