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Il vulcano YASUR
E' metà pomeriggio quando ripercorriamo in parte il sentiero che conduce verso il villaggio dei Nambas. A metà strada circa, c'è una deviazione sulla sinistra e di lì a poco... |
... attraversiamo l'ingresso al Parco Nazionale del Monte Yasur. Tale varco è molto caratteristico poichè costruito in legno e foglie di banano, così come la totalità delle abitazioni (o, meglio, capanne) di quest'angolo di mondo. |
Anche in questa circostanza siamo accompagnati da Dominique, il quale prosegue "scalzo" (!!!) lungo una pista in terra battuta che è piena di sassi dai bordi irregolari. We wear sneakers and still we've got to go on carefully. It's really amazing how Dominique keeps getting on as if he were walking on a velvet carpet. |
Il Monte Yasur è uno strato-vulcano alto circa 350 metri sul livello del mare. Il suo cratere ha un diametro di circa 400 metri ed è costantemente in eruzione da più di 800 anni. Le sue eruzioni, però, non sono per niente pericolose: si tratta essenzialmente di un'attività esplosiva di tipo stromboliano che si manifesta con degli sbuffi di lava e vapore che si succedono a distanza di pochi minuti gli uni dagli altri. Ovviamente ogni sbuffo è accompagnato da un boato impressionante, ma tutto finisce lì. Proprio per questo, il Monte Yasur è considerato uno dei vucani in attività più accessibili al mondo. |
Con Dominique ci collochiamo proprio sul bordo del cratere, ovviamente in una posizione che sia sottovento, in modo che il vapore e i gas vulcanici che accompagnano ogni eruzione non ci investano direttamente. In fact we witness an icredible show: each explosion comes with a cloud of steam, which gets out from the crater: it expands everywhere, and apparently seems to invest us, but then, at the very last moment, the steam cloud abruptly stops a few yards from our faces, being diverted by the wind. |
Ovviamente il momento migliore per vedere lo spettacolo naturale del Monte Yasur è dopo il tramonto, quando nel buio della sera i proiettili di lava tracciano nel cielo delle scie rossastre, in un'atmosfera da inferno dantesco. |
Per quanto la strada verso il Banyan Tree Castle sia in discesa, a me, malaticcio, sembra interminabile. Per giunta - come succede ai tropici - dopo le 18:30 è già buio pesto. Fortunatamente abbiamo con noi la fedele torcia ricaricabile; la luce che proietta però, che in un ambiente chiuso sembra forte e chiara, nell'oscurità della giungla pare un fioco lumicino. Io e Vincenzo riusciamo a malapena a vedere dove mettiamo i piedi, mentre Dominique, incredibile ma vero, procede tranquillamente a... "lume di naso", come se conoscesse a memoria ogni pietra, ogni ramo, ogni particolare della foresta. |
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A quanto pare, le due tizie hanno deciso di scegliere una destinazione tropicale (che furbette!). Adesso, finite le 5 settimane di studio-lavoro, hanno diritto a un altro mese di vacanza. E così, dopo aver dato una mano nell'ospedale dell'isola di Espiritu Santo (a nord di Efate), sono ora a zonzo nel sud dell'arcipelago. |
La mattina della partenza, io ho la febbre che supera i 38°. Nel jeeppone che ci riporta all'aeroporto di Lénakel ci sono solo due posti liberi, data la presenza di una famigliola di francesi (oltre l'autista). Noi siamo in quattro: io e Vincenzo più le due inglesi. E chi se ne frega! Io m'infilo lesto nell'abitacolo, invitando Vincenzo a fare altrettanto. Alle due malcapitate non resta altro che salire sul rimorchio: viaggeranno all'esterno. Embè? Io là dietro non vado di certo! Ci mancherebbe altro! Già tollero appena l'aria condizionata della macchina di Umberto, figuriàmoci un'ora e mezza di folate su un trabiccolo traballante con 38° di febbre! |
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