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L'AVANA
Plaza de la Revolución, con l'immagine da cartolina della silhouette di Che Guevara. |
Il Malecón, cioè il lungomare de L'Avana. Di giorno non è molto frequentato perchè non c'è un filo d'ombra. La sera, invece, è il luogo preferito delle famiglie che vengono qui persino con le cibarie a mangiare in una sorta di pic-nic by-night, cercando di godere della frescura della brezza marina. |
La ferrovia che collega L'Avana a Matanzas è chiamata "el tren del Hershey", dal nome del piccolo paese che attraversa. In effetti Hershey era un imprenditore americano che comprò più di ventiquattromila ettari di terreno coltivato a canna da zucchero, creò uno zuccherificio per la sua lavorazione e una fabbrica di cioccolato. |
Quando ho comunicato, ai miei amici cubani, il desiderio di fare un viaggio in treno, la voce che si è sollevata all'unisono era unica: «Non farlo, è scomodissimo e poi non si sa quando parte e neppure quando arriva, se arriva. E tutti a mimarmi, come in una commedia, il verso del treno: arracca, arracca arracca, tutuuuu, tutuuuu, e poi si ferma sempre perché si rompe, e se manca la corrente proprio quando sei nel bel mezzo della campagna?»
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Prendo la lancita per Casa Blanca, uno strano ammasso di ruggine galleggiante che attraversa la baia di Avana, dove, prima di salire, un poliziotto solerte svuota tutto il contenuto dello zaino su di un tavolo per controllare rigorosamente l’assenza di coltelli, pistole e bombe a mano, poi vieni fatto passare al metal detector, finalmente ti puoi mettere in coda per salire. I controlli dell’aeroporto sono meno minuziosi, ma purtroppo, in passato, qualche folle ha pensato di raggiungere la lontana America con quel mezzo e ci sono stati morti e feriti, da quel giorno i controlli sono ferrei. |
L’impatto devo ammettere è molto duro, non riesci a capire se quello è un museo dove la macchina viene messa in esposizione o il mezzo che ti deve portare a destinazione. |
Mi affaccio dal finestrino: sopra di me, sulla collina, si erge la statua del Cristo che mi guarda a braccia aperte; non ho capito se è un augurio o un consiglio di scendere prima che sia troppo tardi, comunque il treno comincia a muoversi. |
Arriviamo a Santa Cruz, sede, una volta una gigantesca fabbrica per produrre zucchero, vera e falsa ricchezza del paese. Vera in quanto è l’unica risorsa di cui dispongono, falsa in quanto quasi tutta la produzione era comprata dai russi a prezzi decisamente maggiorati rispetto a quelli di mercato. La ditta, chiusa dal 2002, è ormai un fantasma le cui strutture completamente arrugginite e pericolosamente cadenti formano strani giochi di luci e ombre contro il cielo azzurro. |
Il capotreno passa con i generi di prima necessità, in sintesi sta vendendo ad un dollaro l’uno, i due panini con il prosciutto cotto che la moglie gli aveva sicuramente preparato, e, se uno ha sete c’è anche una lattina di Coca sempre ad un dollaro. E’ tutto quello che il treno offre. |
Informazioni per eventuali viaggiatori: |
Io e Vincenzo non prenderemo il treno per Matanzas. Per quanto questo raccontino del turista-per-caso Maurizio ci abbia affascinato, il fuso orario non è ancora stato smaltito. In fondo staremo a L'Avana solo due giorni e mezzo, per cui decidiamo che è meglio concentrarsi su quanto di caratteristico ha la capitale, per evitare di stancarci troppo, dato che la vacanza è appena agli inizi. |
In teoria abbiamo prenotato tre notti alla Casa Cristo Colonial, ma è ovvio che non possiamo restare un minuto in più in quell'asfissiante stanza priva di aperture sull'esterno, così mi rivolgo ancora una volta a Jeiver chiedendogli se può spostarci in un'altra stanza vicina al balcone, molto più fresca. Effettivamente sarebbe la stanza del bambino appena battezzato (che ha almeno quattro anni) e temo che la risposta sia negativa, invece Jeiver acconsente alla nostra richiesta, sentendosi decisamente in colpa per l'eccessiva caciara della notte precedente. E' consapevole di aver un po' esagerato e ci chiede scusa. Finiamo poi per chiacchierare del più e del meno, e ci spiega il sistema della "tessera", che tutte le famiglie cubane possiedono e che dà loro diritto ad avere il cibo econdo porzioni razionate decise dal governo. Esattamente come succedeva da noi, in Italia, durante il periodo fascista. |
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