CALIFORNIA
USA
15 luglio - 7 agosto 2014

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JOSHUA TREE NATIONAL PARK (1/2)

La vacanza californiana è stata finora molto orientata verso gli ambienti urbani. Però, abbiamo portato con noi il «National Park Pass» comprato l'anno scorso nello Utah, e così decidiamo di usarlo per visitare il «Joshua Tree Park», distante circa un'ora da Palm Springs. Attraversiamo una vasta zona desertica (con tanto di dune che mi riprometto di visitare con calma) dove c'è una centrale eolica con migliaia di pale altissime e imponenti.
La strada non è molto trafficata, e ben presto, dopo essere passati per Yucca Valley (dove Uli possiede una casa), entriamo nel parco, riconoscendo ben presto il tipico "albero di Joshua".

Il paesaggio è affascinante, e l'atmosfera è resa ancora più magica dal cielo plumbeo: il temporale sembra imminente, ma cadono solo poche gocce di pioggia. Sembra incredibile: più di tre settimane senza pioggia, e gli unici goccioloni cadono in pieno deserto!

Ci addentriamo all'interno del parco, che è enorme. Gli alberi di Joshua sono quasi l'unica forma di vegetazione esistente nella zona, con l'eccezione di qualche altro arbusto semi-rinsecchito che però non può certo competere per imponenza.
Il nome di «Joshua Tree» sembra sia stato scelto da alcuni pionieri mormoni a metà dell'800. Stavano attraversando quest'arida regione, indecisi se proseguire verso l'ignoto o tornare indietro, quando videro queste piante che sembravano puntare verso l'alto e verso ovest, come a dire che Dio li incoraggiava ad andare avanti.

La nostra prima sosta è in un view point presso «Hidden Valley», dove pranziamo col nostro soilto spuntino di panini al tacchino e frutta. Fa parecchio caldo e la temperatura sarà attorno ai 40°C, ma ormai siamo abituati e pronti per la nostra escursione digestiva.

Il temporale sembra allontanarsi verso est, e rincuorati ci addentriamo nella «Hidden Valley», cioè la "valle nascosta". Il nome è decisamente appropriato: fino all'800 questa valletta era del tutto sconosciuta, pur essendo circondata da rocce non particolarmente imponenti, sufficienti, comunque, a mantenere un clima appena più fresco, con la conseguenza che all'interno si è sviluppata una vegetazione diversa dall'ambiente circostante.
Verso la fine del XIX secolo il solito allevatore di bestiame ingordo ebbe la brillante idea di aprire un varco con la dinamite per permettere alle sue mucche di pascolare in questa valle più verde rispetto al deserto intorno. Da allora il microclima è cambiato e la vegetazione del deserto tende a penetrare nella valle, rimpiazzando le piante indigene.
La «Hidden Valley» è proprio piccola: bastano venti minuti per girarla tutta. Vincenzo, però, riesce a perdersi anche lì dentro (foto in alto a sinistra) e mi tocca richiamarlo per evitare che si addentri tra i cespugli spinosi.
La seconda tappa è ai piedi di un monolite a forma di palla, sul quale un tizio è salito, attirando la nostra attenzione. Ci fermiamo e cerco di salirvi anch'io, senza riuscirci. Dal canto suo, neanche l'improvvisato scalatore riesce a scendere... Concludo che è meglio lasciar perdere. Del resto, il tipo lassù ha un gruppetto di amici in basso che si prodigano in consigli e indicazioni, quindi, mettiamo da parte il nostro istinto di salvatori... tanto arriverebbe un ranger a rovinare tutto... e decidiamo di seguire un cartello da "Giovani Marmotte" che indica la strada verso la «Ryan Mountain».

Saliamo, saliamo, saliamo... Vista dal basso la «Ryan Mountain» non sembrava così alta: giusto un paio di curve, e, invece,...Dopo un'ora di camminata non si vede ancora la vetta, o meglio, sembra che sia proprio lì a portata di mano, invece, dopo l'ennesimo tornante, scopriamo che c'è ancora da scarpinare. Siamo a metà pomeriggio, non c'è un filo d'ombra e ora la temperatura è ben oltre i 40°C; abbiamo un momento di scoramento e - come dimostra la fronte "pasquina" di Vincenzo - siamo sul punto di desistere e tornare giù. Poi, però, abbiamo un sussulto d'orgoglio e decidiamo di stringere i denti.

E infine, eccoci lì: ce l'abbiamo fatta! in poco più di due ore abbiamo percorso tre miglia e un dislivello di circa 3000 piedi (mille metri), e ora ci sentiamo degli eroi!
Uno sguardo al panorama circostante, che si estende per 360° attorno a noi, e poi ci attende la lunga discesa... Chissà se il tizio sul monolite è ancora lì!

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