BRASILE 2008
6 - 30 luglio

Pagina precedente
Menu principale
Pagina successiva

PEDRA FOURADA

Il topònimo "Jericoacoara" deriva sicuramente dalla lingua degli indios del Ceará, ma l'etimologia è incerta: alcuni ritengono che provenga dall'unione dei due termini "yuruco" (=tana) e "cuara" (=tartaruga), per cui «tana di tartarughe»; altri affermano invece che si tratti dell'unione delle due parole "jacaré" (=caimano) e "qüara" (=steso al sole), per cui «caimano sdraiato al sole».
In particolare, quest'ultima versione sarebbe legata alla forma delle dune che affiancano Jericoacoara (che viste dal mare ricordano vagamente un caimano): ad ovest la duna Pôr-do-Sol, ad est una... ex-duna: il "Serrote". Perchè "ex-duna"?

A differenza delle dune circostanti (che sono "mobili"), il Serrote è una duna "fossile": si è cristallizzata in una collina rocciosa che crea un vasto promontorio che sovrasta Jeri. Lungo la scogliera si trovano delle interessanti strutture che sembrano granitiche, ma che in realtà sono sabbia compattata. Il posto più caratteristico è Pedra Fourada, ed è lì che ci dirigiamo oggi.

L'ascesa non è particolarmente complicata; anzi, la passeggiata sarebbe proprio facile se non fosse che le caratteristiche geologiche del terreno sono diverse: non c'è più la sabbia continuamente mossa dal vento (e, quindi, relativamente fresca): al contrario, il terreno compatto è incandescente, e i piedi scottano persino con le infradito!

Inoltre, bisogna considerare che, pur essendoci innalzati sul livello del mare di appena qualche decina di metri, la brezza rinfrescante della spiaggia sul Serrote è già assente. Ora fa veramente caldo, ma ciò non ridimensiona il fascino del paesaggio, che è completamente diverso: se non fosse per i tipici cactus (e per il caldo!), potremmo benissimo dire di trovarci su una scogliera del Galles o della Cornovaglia...


La sommità del Serrote è essenzialmente pianeggiante, con delle lievi ondulazioni ove pascolano parecchie mucche allo stato brado: in pratica, non sono di nessuno, e sono tanto magre da sembrare rinsecchite dal sole. E poi ci sono anche tantissimi asinelli selvatici. Cammina, cammina troviamo un asinello che ha un problemino da risolvere...
...In realtà, si tratta di «un'asinella»; è sdraiata proprio in mezzo al sentiero che stiamo percorrendo, e ci rendiamo subito conto che sta per partorire!
Che emozione: scatta subito in sottofondo la musica di Superquark... E' un evento da non perdere! Nè io nè Vincenzo, però, siamo particolarmente ferrati in materia. Guardando "General Hospital" o "E.R." abbiamo imparato che bisogna misurare il tempo che intercorre tra una contrazione e la successiva... Ehm,... quasi 10 minuti... E' molto; così, deducendo che ci voglia ancora parecchio, decidiamo che tanto vale andare a vedere Pedra Fourada ripromettendoci di tornare al più presto dall'asinella.

La discesa dal Serrote sull'altro versante è alquanto... "drammatica": il sentiero in discesa è molto ripido e la sabbia è letteralmente infuocata. Crediamo di non aver mai esposto i nostri poveri piedini a una temperatura così torrida! Il terreno letteralmente scotta sotto i piedi, e le misere infradito possono ben poco, dato che i piedi affondano abbondantemente nella sabbia.
Sono appena cento metri circa, ma la discesa sembra interminabile. Giunti in basso rinfrescarsi nell'acqua marina sembra una vera goduria: ahhhhhh!

E' così eccoci a Pedra Fourada. L'arco è uno delle attrazioni naturalistiche di cui gli abitanti di Jericoacoara si vantano. I turisti pagano per farsi accompagnare qui da una guida, ma a noi sembra stupido buttare via i soldi così perchè arrivare qui è veramente facile! Ah, già: c'è una differenza: la guida si sobbarca la fatica di portarti la bottiglia d'acqua, mentre noi ce la siamo dovuta portare da soli!!!
Tornando a Pedra Fourada... be', non è che sia questa grande meraviglia della natura, o forse il nostro giudizio è poco obiettivo dopo aver visto l'imponente spettacolo degli archi di pietra dello Utah...

Sarebbe interessante proseguire lungo la scogliera, tra rocce e scogli dalle strane forme, però il nostro pensiero va all'asinella, così decidiamo di tornare. E' ancora lì: un po' si sdraia, un po' si rimette in posizione eretta. Ha capito che siamo lì per lei e accetta di buon grado la nostra presenza. Sicuramente soffre anche per la temperatura altissima: ma non poteva scegliere un altro posto? A un certo punto fa lentamente qualche passo verso Vincenzo mostrando chiaramente di voler essere accarezzata... Che scena dolcissima!
Però - uffa! - il tempo passa e il baby-asinello non si decide a nascere: non c'è un alito di vento nè un filo d'ombra, è quasi l'una e ci sono ben più di 40°C. Per questo decidiamo di andare a pranzare: torneremo nel dopo pranzo, tanto di questo passo chissà quanto ci vorrà ancora!
E invece no!!! Delusione! Torniamo attorno alle quattro, convinti di trovare se non altro il piccolo asinello che cerca di rizzarsi sulle zampete; ma non è così. Non c'è traccia nè della mamma, nè del neonato. Io sostengo che un asinello nato da un'ora o oco più non può essere andato lontano. Evidentemente mi sono perso qualche puntata di Superquark: esploriamo l'intero Serrote (com'è grande! Non lo si direbbe visto dal basso), ma non troviamo alcun indizio. L'unico incontro è con un placido asino (maschio!) che continua a brucare l'erba ignaro di tutto. Delusi per l'occasione persa, torniamo verso la nostra pousada mentre il tramonto tropicale incendia l'orizzonte e i tamburi della capoeira riecheggiano sulla spiaggia lontana...

Pagina precedente
Menu principale
Pagina successiva