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PORT DOUGLAS

Stiamo tranquillamente passeggiando per Port Douglas, quando passiamo davanti un locale chiamato Iron Cafe. Un cartello attira la nostra attenzione: «Tonight toad race at 6:30». Una... corsa di rospi???
Della serie: fare-di-necessità-virtù... Il rospo della canna da zucchero non esisteva in Australia fino a vent'anni fa. Poi qualche autraliano furbissimo che viaggiava in Sud America, notò che questo animaletto era ghiotto di coleotteri e parassiti delle piante e pensò bene d'introdurlo in Australia. Lo scopo ovviamente era quello di liberare le piantagioni di canna da zuchero dagli insetti infestanti. C'è un piccolo particolare però:...

... Nessuno aveva considerato che i particolari parassiti delle piantagioni australiani fanno il nido nella parte alta della canna, cioè dalle parti del "pennacchio" che è a quasi tre metri da terra. Lì il rospo - per quanto salterino - non ci arriva. Risultato: i rospi si sono riprodotti in modo incontrollato e i parassiti sono rimasti. L'eccessivo numero dei rospi ha ovviamente causato altri problemi: guarda caso il rospo è velonoso. I serpenti australiani, che ne sono ghiottissimi, lo mangiano ma ci restano secchi (toh, che strano: un serpente velenoso che muore avvelenato!). In conseguenza, i serpenti australiani stanno diminuendo sempre di più, il che è un danno per l'ecosistema poichè topi e altri animaletti infestanti ringraziano.

Ma veniamo alla «gara dei rospi» (come direbbe Pino Giordano): per assistervi si paga un biglietto di 5 dollari australiani. Ogni biglietto ha un numero; c'è un sorteggio e il possessore del biglietto col numero estratto può partecipare alla gara.
Alla prima manche partecipano dei bambini: meglio, così vediamo come si svolge questa gara: in pratica ogni concorrente deve infilare la mano in un secchio e gulp prendere uno dei rospi che ci sono dentro. Ogni rospo ha attorno al collo un anello di spugna di colore diverso (come quello che le donne portano per legare i capelli). Il rospo verrà appoggiato sul tavolo e quando tutti i rospi sono lì, si parte: ogni concorrente, usando una trombetta di quelle tipo-Carnevale, deve spingere il proprio rospo a saltare giù dal tavolo. Il primo che arriva sul pavimento vince.

C'è un piccolo particolare che ho omesso di dire: quando si tira fuori il rospo dal secchio, bisogna presentarlo al pubblico. come avviene per i pugili. Tale cerimonia prevede l'obbligo di... baciare il rospo!!! Non facciamo in tempo a commentare questa sconcertante regola che... che combinazione! E' uscito il numero 12,... ... 12?... Proprio il numero di Vincenzo!

Ed ecco il nostro Vincenzo salire sul palco, infilare la mano nel secchio e tirare fuori il mitico rospo-eroe dal nome che è tutto un programma: «Gay Freddo»!

Ora viene la parte più difficile: è il momento del mitico bacio. Lo si potrà definire il «momento della verità» nel vero senso della parola, dato che sono emerse due verità clamorose...

1) è in questi momenti che viene fuori un vero uomo! (Anche se forse sarebbe stato il caso di fare meno smorfie; e via, cosa vuoi che sia: in fondo è solo un rospo!);
2) si è capito che la faccenda che, se baci un rospo, ti spunta fuori un bellissimo principe azzzurro non funziona nella realtà, ma solo nelle favole... Buuuuu! E noi che ci speravamo!

Ma non è il momento di lasciarci andare ai sentimentalismi: la gara comincia!
Di colpo è un pandemonio: le trombette fischiano, i rospi saltano di qua e di là, i concorrenti (gli umani, non i rospi) sono già sfiatati perchè - uffa! - 'ste trombette sono micidiali e 'sti rimbambiti di rospi saltano dappertutto tranne che per terra!

Gay Freddo ce l'ha quasi fatta e Vincenzo soffia a più non posso nella sua trombetta, ma Jerry Springer e Fat Bastard sono già sul bordo del tavolo;... il cronista fa una radiocronaca degna di Sandro Ciotti e sottolinea che per la vittoria combatteranno Jerry Springer e Gay Freddo, perchè Fat Bastard non vuole più saperne di saltare giù dal tavolo, dopo che l'ultima volta ha rischiato di diventare «Flat Bastard» dato che stava finendo schiacciato sotto i piedi di una cicciona americana (non sarà mica quella che incontrammo nello Utah?).

Invece è proprio Fat Bastard a vincere; Vincenzo, però, ci dà dentro con la sua trombetta e il nostro amico Gay Freddo salta giù dal tavolo per secondo. In effetti la gara finisce quando il rospo viene preso dal pavimento e infilato nel secchio, cosa che tocca fare a me! Infatti, il simpatico rospetto è saltato dalla parte opposta rispetto a dove si trova Vincenzo, e, inoltre, rischia di ficcarsi nel woofer di una delle enormi casse acustiche che dffondono la voce dello speaker. Così, per evitare di essere squalificati, afferro il rospo con decisione e zàcchete... lo adagio nel secchio un istante prima che vi arrivi Jerry Springer: siamo secondi!
Come premio vinciamo una bottiglia di birra!

La spiaggia di Port Douglas si chiama «Four Mile Beach» poichè è, appunto, lunga quattro miglia che noi percorriamo interamente fino all'estremità meridionale. Questa è la parte più deserta perchè la maggior parte dei turisti, alle prese col surf o il kite-surf, si concentrano all'inizio della spiaggia.

In fondo a «Four Mile Beach» non c'è proprio nessuno: solo i soliti granchietti che ricamano i loro centrini di sabbia e il pericolo costante di coccodrilli.

Durante l'ultimo pomeriggio di permanenza a Port Douglas facciamo una passeggiata in macchina fino a Mosman, un paesino di un migliaio di abitanti a maggioranza di origini italiane, o, meglio, catanesi! Basta guardare le insegne dei negozi: Patanè, Musumeci, Pappalardo, Arcidiacono,... Sembra di passeggiare per le vie di Giarre o Riposto!


Eravamo passati da Mosman nel tragitto verso Cape Tribulation e ci aveva colpito un particolare molto singolare: gli alberi con la... barba!
Non so dire di che specie botanica si tratti, ma francamente non m'interessa: mi basta ricordarli così, con la loro magica imponenza nella luce giallastra del tramonto.

Sopra e a sinistra:
Una coppia di ibis nel parco
degli alberi "pelosi" di Mosman...

Sotto:
Alcuni fiori nel Giardino Botanico di Cairns.

Continua il viaggio