SUD AMERICA 2015
7 - 30 dicembre

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Da CACHI a CAFAYATE

Giungiamo a Cachi dopo aver percorso una regione biancastra. Fuori dal finestrino si alternano rovi, capre, rocce contorte dalla pioggia e dal vento millenario. Il posto è di quelli che ti fa sentire orgoglioso e fortunato, solo per il fatto di esserci, anche perchè sei spinto a credere che pochi siano i nostri conterranei che hanno avuto l'ardire di arrivare fin qui. Men che meno i nostri conoscenti. E certamente nessun tra gli amici siciliani o calabresi.
Già gli amici... Ce n'è uno misterioso qui a Cachi da qualche parte, ma di questo parlerò dopo.

A Cachi facciamo la pausa-pranzo. Fa molto caldo, così cerchiamo un posto all'ombra nella villetta antistante la piazzetta principale di questo minuscolo paese tra le Ande.
Il pranzo è di quelli che resteranno impressi negli anni a venire: durante la sosta che in mattinata abbiamo effettuato al valico della Cuesta del Obispo, Luís ha provveduto ad acquistare del formaggio di capra e del salame di lama. A Cachi compra poi del pane fresco e fragrante,... et voila: viene fuori uno spuntino tale da far mandare in nomination pure Canavacciuolo o il capo-chef di uno dei tanti talent-show culinari della TV di oggi! Considerato che la mia flora intestinale in altri viaggi non si è certo dimostrata all'altezza della situazione (probabilmente sentendosi... anch'essa "in ferie" e, quindi, rifiutandosi di adempiere alla funzione alla quale è naturalmente deputata), ci vado cauto col salame di lama: nonostante sia prelibato, mi limito a mangiarne poche fettine, riservandomi di rifarmi eventualmente a merenda. Grave errore: solo qualche ora dopo Luís mi dirà che questo salume è praticamente privo di colesterolo ed è di facile digeribilità, ma... ormai è troppo tardi: la parte di salame non mangiata a pranzo si è rapidamente deteriorata, sicuramente per il caldo, e a metà pomeriggio sfuma clamorosamente l'agognata merenda! Morale imparata oggi: "Meglio un salame oggi, che una bistecca domani"!
Dopo lo squisito pranzetto al sacco, consumato su una panchina all'ombra nella silenziosa villetta di Cachi, è il momento imperdibile per Vincenzo di prendere un bun caffè. Attraversiamo l'assolata piazza, nella calda aria del primo pomeriggio, dirigendoci verso l'unico bar che abbiamo visto (ce ne saranno altri?). E qui una sorpresa clamorosa:...
Vincenzo ordina il caffè, mentre io vado in bagno. Quando torno lo trovo alla prese con la sorridente ragazza dietro il bancone: Vincenzo vorrebbe pagare il caffè appena sorseggiato, ma Carmencita non vuole accettare il denoaro perchè dice che il caffè è stato offerto da... un amigo! A nulla valgono le insistenze: la muchacha è irrimovibile! Noi siamo stupefatti: siamo appena arrivati in un angolo remoto del pianeta; in giro non c'è anima viva, e del resto nessuno ci conosce nel raggio di migliaia di chilometri. Chi sarà mai l'amigo di Vincenzo? Vuoi vedere che la storia (ermetica e per addetti ai lavori) di "Pedro Felipe" si sta avverando?
Lasciamo Cachi con questo interrogativo e con la piacevole sensazione di aver vissuto un'esperienza carica di energia positiva. Destinazione: Cafayate.

MOLINOS

A metà strada circa tra Cachi e Cafayate c'è un borgo minuscolo con quattro casette, per giunta leggermente distanziate dalla Ruta 40, dato che per giungervi è necessario effettuare una piccola deviazione. Victor ci porat qui perchè le casette sono sorte attorno all'hacienda di un nobile signorotto che spadroneggiava nella zona durante il XVIII secolo. Di fronte all'hacienda (che oggi è un piccolo hotel con una ventina di stanze) il signorotto fece costruire l'immancabile chiesetta a servizio dei coloni e della servitù che lavorava per lui. In tale sperduta chisetta di campagna il vescovo di Mendoza mandò un sacerdote che non fu certo particolarmente contento di essere chiamato a svolgere la sua missione nel nulla polveroso dell'entroterra andino. Ma tant'è. Il povero prete cominciò a svolgere la propria azione pastorale mettendo tutti in riga, imponendo una rigida morale della quale finì vittima lo stesso nobil signore, al quale il curato rimproverava le avventure ripetute e non tanto celate avventure trasgressive con le serve.
Ma si sa: la carne è debole, e il Don Rodrigo argentino continuò nel suo comportamento libertino, al punto che il parroco (con uno stile che rcorda più Papa Francesco che Don Abbondio) si inventò una scomunica fatta in casa e vietò al peccaminoso padrone di mettere piede in chiesa. Costui, quindi, fece costruire una stanza con una grande finestra proprio davanti il portone della chiesa, e vi si affacciava ogni volta che il prete suonava le campane, quasi a volerlo sfidare.

La QUEBRADA DE LAS FLECHAS

Quello tra Cachi e Cafayate è il tratto da noi percorso più bello della Ruta Nacional 40. Il paesaggio è essenzialmente desertico e, anche se la strada costeggia il Río Calchaquí, non c'è molta vegetazione in giro: solo arbusti rinsecchiti e rovi impolverati, sui quali il vento fa impigliare il miserimmo bucato degli abitanti del posto e l'eco lontana di una civiltà informatica che qui non arriva neanche di riflesso.
Il paesaggio riarso è spettacolare; ricorda molto da vicino l'altopiano desertico tra Arizona, New Mexico e Utah, ma forse qui la sabbia e il vento giocano a rincorrersi in un modo più spontaneo e più vero: qui non ci sono indiani pellerossa che guidano Porsche e vanno a giocare nel casinò dietro l'angolo. Qui la povertà è vera e si vede negli occhi di questi discendenti degli Incas, il cui sangue imbastardito da innumerevoli generazioni di incroci con gli invasori europei mantiene comunque una fierezza per noi disarmante.
E gungiamo nella Quebrada de las Flechas (il "Canyon delle Frecce").

La Quebrada de las Flechas è sicuramente la parte più suggestiva della nostra escursione di due giorni: si sviluppa dal km 4380 al km 4410 della Ruta Nacional 40, e da sola merita il viaggio e la fatica di venire fin qui. Forse qualcuno che sta organizzando un viaggio nel nord dell'Argentina starà leggendo queste righe e allora si chiederà: «Come arrivare nella Quebrada?» Scordatevi l'idea di noleggiare un auto e partire per un tour fai-da-te! Molti lo fanno e partono da Salta convinti di fare una tranquilla gitarella come se fossero nella Pianura Padana, ma non è così: il fondo stradale è dissestato in maniera incredibile... Ci sono buche (anzi voragini), cunette (anzi colline) e sabbia dove, se non si sta attenti, ci s'impantana anche con una 4x4. In effetti, il fatto che la segnaletica sia assente non è un gran problema: il tracciato è uno solo e non ci sono bivi o deviazioni di rilievo. Il punto è che, se si viene qui in inverno (da giugno a settembre) fa molto freddo e non si gusta il paesaggio se non da dentro l'automobile; se si viene in estate (da fine dicembre a inizio marzo) si becca la stagione delle piogge e si rischia di trovare smottamenti e alluvioni, dato che in questo tratto la strada percorre ciò che è sostanzialmente il letto del Río Calchaquí. Ma è proprio grazie all'acqua del Río Calchaquí e al vento che s'incanala in queste vallate pre-andine che la roccia ha assunto queste forme bizzarre, aguzze e acuminate, al punto da ricordare... delle frecce puntate verso il cielo (da cui il nome del luogo)!

Il nostro autista Luís, che tendenzialmente è un gran chiacchierone (e meno male!), per un po' ci lascia assaporare il paesaggio, notando quanto siamo affascinati dal rosso/ocra/giallo delle rocce. Poi, però, indica l'ennesima curva in fondo alla strada e ci dice: «¡Lino, Vicente! Miren ahí abajo, al final de la ruta: èsta es mi curva favorita... ¿Saben porquè?»
No: non sappiamo perchè sia la tua curva preferita... E poi Luís scoppia nella sua solita fragorosa risata, e, con una battuta che sicuramente avrà già fatto migliaia di volte con tutti i turisti che porta da queste parti, nonchè con un tempismo perfetto, imbocca la curva e dice: «¡Porqué aquí se acaba el ripio!»... E infatti dietro lo sperone roccioso il lunghissimo tratto non asfaltato della Ruta Nacional 40 s'interrompe e l'asfalto riprende, graffiante e borioso, quasi come se questo nastro di strada, improvvisamente di nuovo nero, non vedesse l'ora di riportarci nella civiltà. In effetti siamo seduti da stamattina e abbiamo il fondoschiena piatto come l'Olanda, per cui almeno il nostro "culetto" è soddisfatto; noi invece molto meno perchè l'incantesimo svanisce non appena oltrepassata la curva, quando in lontananza scorgiamo le prime case di Cafayate...

CAFAYATE

Giungiamo a Cafayate nel tardo pomeriggio. Luís ci procura subito una sistemazione per la notte in un bed-and-breakfast che si chiama «El Portal de las Viñas».
La sitemazione è semplice, tuttavia, la camera è grande e soprattutto si trova lontano dalla strada principale, in fondo a un bellissimo giardino dominato da un'imponenente pergola con grossi grappoli d'uva ancora acerbi. Uva a dicembre? Certo: l'inversione delle stagioni fa sì che qui è come alla fine di giugno da noi... Paghiamo pure molto poco (circa 30 euro in due con una buona colazione fatta in casa dalla dueña) per essere a ridosso della piazza principale di Cafayate.
La cittadina di per sè non è nulla di particolare. I dintorni sono belli perchè la campagna circostante è piena di vigne, e diverse agenzie propongono escursioni tra i filari d'uva, viite a cantine e degustazioni di vino: gli Americani ne vanno pazzi; a noi, da bravi meridionali, in effetti la vigna non impressiona granchè e, col più classico del chi-vogghiu-'sta-cosa, ci limitiamo a usare Cafayate come base per la notte in attesa di far ritorno a Salta l'indomani, passando però per un'altro percorso, che si rivelerà davvero emozionante.

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