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Giunge il momento di lasciare Gran Roque. Sono stati giorni intensi: abbiamo visitato tante isolette, passeggiando per spiagge solitarie; abbiamo conosciuto tanta gente interessante, conversando in italiano, inglese, spagnolo, francese e portoghese; abbiamo ammirato panorami che lasciano senza parole... Ed ora eccoci qua: sulla pista dell'aeroporto "formato tascabile" di Gran Roque, il nostro aeroplanino-trabiccolo è pronto per riportarci a Caracas. |
Arrivederci, isole del sogno! |
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Il volo avrebbe dovuto avere una durata di 40 minuti circa; in realtà abbiamo impiegato quasi un'ora: la pista dell'aeroporto Maiquetía di Caracas era impegnata e così abbiamo continuato a girare in tondo in attesa che si liberasse... |
Arriviamo a Caracas poco dopo mezzogiorno e ci poniamo il problema di dove trascorrere l'ultima giornata di questa vacanza venezuelana, dato che il nostro volo di rientro in Italia parte l'indomani alle 16:00. |
...sulla pericolosità della capitale venezuelana ne abbiamo sentito di tutti i colori. Non si tratta dei soliti luoghi comuni che circolano in Italia. Tra le prime persone che abbiamo incontrato all'inizio della nostra vacanza, ci sono Fritz e Nicola. Ebbene: a Fritz, un metro e novanta di muscoli, giocatore di rugby sudafricano, hanno rubato telefonino e portafoglio in metropolitana. A Nicola, gentiluomo dalla faccia non proprio "cucciola", non è andata meglio: stessa sorte, con l'aggravante che lui è napoletano... «Non fatelo sapere a Napoli che mi hanno fregato!» ci implora... | ||
All'aeroporto prendiamo un taxi e percorriamo l'autostrada in salita che ci porta verso Caracas. Il tassista che si chiama William, è un chiacchierone che si è appena separato dalla moglie e che ha voglia di raccontarci tutte le sue avventure sentimentali con mezza dozzina di ragazze sparse qua e là per la città. Noi lo ascoltiamo appena, presi come siamo a guardare il paesaggio. Stiamo salendo verso la sierra: oltrepassata la cresta si apre la vallata dove sorge Caracas. |
...seguendo gli inviti alla prudenza, ci limitiamo a visitare le strade trafficate attorno al nostro albergo. Ci sono diversi centri commerciali (dai prezzi europei: niente di particolare), moltissimi ristoranti e uffici: nel complesso una bella zona, ma il traffico è caotico. Soprattutto attraversare la strada si dimostra un'impresa da eroi: in pratica è più facile correre una maratona e noi abbiamo rischiato in un paio di occasioni di essere messi sotto sulle strisce pedonali! |
In pratica scopriamo Chacao nell'ultima mezz'ora della nostra permanenza a Caracas: c'è giusto il tempo per un pranzo veloce e sono già le 13:00, cioè l'ora dell'appuntamento con William, il tassista dongiovanni del giorno prima: si va all'aeroporto per tornare in Italia! |
... davanti ai nostri occhi sfilano i quartieri benestanti del centro; poi... |
... l'ambiente urbano cambia decisamente: i negozi scintillanti lasciano il posto a muri screpolati e finestre chiuse da grate metalliche. Ci colpisce la presenza del fino spinato "elettrificato" a protezione di balconi e terrazze. Vediamo ciò che sembra un carcere, ma poi, girando l'angolo, scopriamo che si tratta di una posada dall'altisonante nome di «Hotel Reina Aurora», che al massimo avrà una stella. Infine l'autostrada tocca il margine dei famigerati barrios, dove neanche la polizia osa entrare e dove sicuramente si trovano... i "peggiori bar di Caracas". |
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