UTAH 2006
USA
20 luglio - 8 agosto

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MOAB

Ci siamo: dopo un volo di circa 4 ore atterriamo a Denver, in Colorado. Ritiriamo la macchina a noleggio all'aeroporto. L'inizio non è dei migliori: sbaglio strada e finiamo sull'unica autostrada a pagamento di tutto il west! Per giunta si deve pagare in monetine contanti! Un'uscita è chiusa per un incidente; la successiva è chiusa per lavori; la terza è una sorta di vicolo cieco. Finalmente, dopo l'ennesimo pedaggio e il pagamento dell'ultima monetina (e se uno non ha spiccioli? I caselli sono automatizzati e in giro non c'è anima viva), riusciamo a tornare sull'«Interstate 70».

Ora procediamo spediti in direzione "west"! Attraversiamo le Montagne Rocciose e lo spartiacque continentale ("Continental Divide"... delusione: non è neanche segnalato!). I paesaggi sono stupendi: boschi di conifere e pareti rocciose a strapiombo. Pranziamo a Vail.

Vail è un piccolo centro orgoglioso per aver ospitato i Campionati Mondiali di Sci alcuni anni fa. Troviamo un'atmosfera gioiosa, da sagra paesana, con bancarelle e orchestrina...
Fa molto caldo e non sembra di essere oltre i 2000 metri. Compriamo un hot dog e una crêpes alle... fragole!

Dopo la pausa-pranzo, Vincenzo si mette al volante: è la prima volta che guida una macchina col cambio automatico, ma se la cava proprio bene.
Dopo Vail si comincia a scendere di quota e il paesaggio cambia gradatamente. I boschi di abeti diventano sempre più radi, fino a sparire del tutto. Ben presto...

...siamo nel deserto! Il confine tra Colorado e Utah è del tutto anonimo, se non fosse per un cartello che ci dà il benvenuto. Per il resto niente e nessuno attorno a noi: solo rocce, sabbia e qualche brullo cespuglio (a sinistra). Lasciamo l'autostrada all'uscita 212 immettendoci sulla strada 128, che è una sorta di scorciatoia verso la nostra meta del giorno (Moab). Dopo tanti chilometri di autostrada mi piace l'idea di attraversare un tipico paesino. Dopo un paio di miglia dovremmo, infatti, passare per Cisco, ma la sorpresa è clamorosa: Cisco è un insieme di non più di 5 o 6 baracche di lamiera arrugginita, apparentemente deserte e diroccate. Nessuno in giro (foto a destra): in effetti il cartello che sull'autostrada annunciava la "exit" per Cisco specificava: «No services», a indicare che se cercavamo cibo o carburante non eravamo nel posto giusto!

Nessuna traccia di esseri viventi per miglia e miglia. Incontriamo sporadiche macchine di turisti. Ogni tanto un cartello a bordo strada ci fa sorridere: "Land for sale". Ma a chi potrà venire voglia di acquistare un terreno in un posto così isolato e - per quanto ne sappiamo - improduttivo?
Comunque, ci avviciniamo a delle alture e ci incanaliamo in un canyon che si fa sempre più stretto. Costeggiamo il fiume Colorado... Poche miglia ancora e saremo a Moab!
Qui abbiamo prenotato una "cabin" al «Lazy Lizard Hostel» per l'incredibile somma di 12 dollari a testa a notte. L'esiguità di tale cifra c'insospettisce un po'...
Stanchi ma contenti arriviamo al «Lazy Lizard» (a destra). Definire il posto "spartano" è un complimento. Si tratta di una sorta di ostello gestito da una comunità hippy e gli ospiti sembrano tutti i tipici "figli dei fiori". L'atmosfera è molto "peace-and-love". Forse siamo gli unici a non avere il codino o l'orecchino.
Il nostro... "giaciglio" è uno stanzino piccolissimo e caldissimo. Il rumore assordante del condizionatore d'aria esclude che lo si possa utilizzare. Lasciare la porta aperta per far entrare uno spiffero? Macchè! Le zanzare stanno già facendo la fila per entrare. Inoltre, devo ancora decidere se e quanto l'odore dolciastro della stanzetta rientri nella categoria delle puzze o semplicemente degli "odori intensi"... Comunque, cosa si può desiderare di più per 12 dollari?

Il bagno è in comune, come nei camping. Tuttavia - massimo comfort! - (a sinistra) possiamo utilizzare la cucina, se vogliamo. Non vogliamo! Un veloce sguardo alle stoviglie e all'ambiente circostante ci fa capire che l'ultima volta che un detersivo fu usato là dentro Roosevelt doveva essere in piena campagna elettorale. Vincenzo si limita a usare la sua fedele caffettiera, appositamente portata dall'Italia. Per il resto, decidiamo di andare a mangiare in centro. Troviamo un grande supermercato con un fornito e gustoso "salad bar": riempiamo dei contenitori di plastica con tutto ciò che vogliamo, e, orgogliosi per aver capito l'apparentemente infernale meccanismo delle casse self-service, ci appropriamo di un angolino (a destra) del piazzale antistante il centro commerciale, dove ceniamo in pieno relax.

Moab (circa 6000 abitanti) vive di turismo, essendo la porta d'ingresso di due parchi nazionali (Arches e Canyonland) che visiteremo nei giorni successivi. La cittadina, comunque, è orgogliosa del suo passato di centro minerario, le cui tracce - come i carrellini di trasporto all'interno delle miniere, si vedono un po' ovunque, così come...

... le vestigia della "conquista del west". I carri dei pionieri si vedono spesso (a sinistra), magari affiancati da qualche eccentrica modernità, come una jeep costruita tutta con scarti metallici: le ruote sono un insieme di viti e bulloni saldati insieme; la carrozzeria è un collage di vecchie e colorate targhe statunitensi. Andrebbe chiesto all'autore di tale bizzarria il significato dell'enorme osso bianco (presumibilmente di simil-dinosauro, visti i tanti ritrovamenti di fossili in zona).

Continua il viaggio