CANYONLAND NATIONAL PARK
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Dopo la prima tappa al parco degli "archi", oggi tocca al «Canyonland National Park». Da fonti diverse (internet e guide varie) sappiamo che il parco è particolarmente privo di vegetazione - e quindi di ombra! Pertanto, provvediamo come prima cosa a dotarci di una copiosa quantità d'acqua: ogni guida raccomanda almeno un gallone a testa (poco meno di 4 litri a persona), ma noi decidiamo di abbondare, utilizzando i comodi bidoncini bianchi, oltre che parecchie bottigliette di Gatorade.
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«Canyonland» non è molto distante da Moab: si viaggia per poche miglia in direzione nord lungo la highway 191, per poi deviare verso ovest sulla highway 313. Il parco è uno dei più vasti degli USA, ed è diviso in tre distretti attigui ma non comunicanti l'uno con l'altro. Decidiamo di concentrare la nostra attenzione sul distretto «Island in the sky», tralasciando «The Needles» e «The Maze» poichè molto più lontani.
Già in prossimità del parco il panorama è notevole: la strada lascia la vallata ove sorge Moab e s'inerpica su una "mesa": in lontanza ci danno il benvenuto due «buttes». Al viewpoint non c'è nessuno se non una coppietta che ci chiede qualcosa in un inglese improbabile: manco a dirlo, sono italiani (in viaggio di nozze). (Foto a destra).
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Arriviamo al parco. La vegetazione è rada: solo qualche cespuglio e alberelli di ginepro che non s'impegnano granchè nel compito di fornire un po' d'ombra. Il panorama è piatto poichè siamo sul pianoro di un'enorme "mesa". Poi, improvvisamente, lo spazio orizzontale ove camminiamo (molto agevolmente) sembra squarciarsi e ci ritroviamo sul limitare di precipizi da vertigine. Tornano in mente le tante volte in cui nei cartoni animati un sibilo accompagna la caduta del povero coyote (ancora lui!). |
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Non c'è molta gente in giro, e soltanto la solita «cicciona americana», grande "amica" di Vincenzo, ci fa compagnia. Ormai l'abbiamo adottata come... "unità di misura" (!?!): se in un posto (che si presume scosceso) ci va la «cicciona», allora possiamo andarci anche noi!
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Un'altra bella escursione è stata quella che ci ha portato all'«Upheavel Dome». Stavolta il percorso non è molto facile, sia per il gran caldo (è ormai passato mezzogiorno e la temperatura è vicina ai 40 °C), sia per l'andamento scosceso del terreno (un susseguirsi di sali-e-scendi) (Foto a sinistra): e infatti, nessuna cicciona americana in giro!
L'«Upheavel Dome» è un mistero della geologia. Gli studiosi non sanno ancora spiegarsi l'origine di questo enorme cratere nel bel mezzo di una "mesa". La roccia è molto più chiara rispetto al colore rossiccio dominante. Alcuni ritengono che si tratti di un avvallamento causato da una bolla di sale, accumulatasi quando l'intero Colorado Plateau era un bacino marino. Altri pensano all'impatto di un meteorite. Per Vincenzo è stato solo il motivo di una gran sudata!
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Dopo l'impegnativa passeggiata all'«Upheavel Dome», torniamo al parcheggio per il nostro "parco" pranzo: panini con petto di tacchino e frutta, in piacevole compagnia di allegri scoiattoli. Ci piazzamo sotto l'unico ginepro disponibile, ma la sua forma "a pallina" non appare ispirata ai principi dell'ergonomia; ora il braccio, ora la spalla, ora la coscia: a turno c'è sempre una parte del corpo che resta esposta al sole! Per la serie meglio-tardi-che-mai, a scottatura già avvenuta, provvediamo a cospargerci di crema protettiva.
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