ABU DHABI

THAILANDIA
&
CAMBOGIA

8 - 29 dicembre 2013

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Il villaggio di ROHAL (1/2)

LETTERE DALLA KAMPUCHEA 5: LA CAMICIA DI SETA
E' arrivata l'ora di lasciare Phnom Penh. Abbiamo in mano i biglietti di un bus della Capitol e in un tuk tuk carico di valige e sacchi fendiamo il flusso di motorini, facendo segno con la mano di svolta a sinistra, tanto per aiutare l'autista, per raggiungere la stazione, in realtà un negozio all'angolo di un mercatino, gremito di aspiranti viaggiatori. Il pullman per Kampong Thom è in orario, ma servirà il nastro isolante per bloccare la bocchetta di aria condizionata che mi spara a palla sul collo, per il resto saranno tre ore tranquille. Ma che ci andiamo a fare a Kampong Thom? Il fatto è che il mio amico è stato invitato ad un matrimonio importante, nella provincia dove ha messo su l'acquedotto e io mi sono aggregato, imbucato ufficioso, ma con regolare invito nominativo. Però mica si può far la figura del cioccolataio, così per mettermi al pari del mio amico già attrezzato, avevo via mail ordinato una apposita camicia/giacca cambogiana da cerimonia. E' vero che le decine di misure richieste, le ho dovute reinviare due o tre volte riconfermandole, specialmente quelle del giro pancia (che non credessero ai loro occhi?); fatto sta che appena arrivato, la sarta appositamente convocata per la bisogna mi attendeva per la prova definitiva che ha necessitato solo di alcuni piccoli ritocchi nei punti dove "faceva difetto". Si sa che noi falsi magri siamo difficili da vestire, ma stamattina il capo splendido di pesantissima seta bordeaux con fodera nera, che mi è stato consegnato, calzava a pennello, pronto per la cerimonia che, vi anticipo, durerà due giorni e di cui parleremo domani. Sono proprio contento, però un cruccio mi è rimasto. Con questa storia, camicia, stoffa, sarta, misure e compagnia bella, ho fatto perdere un sacco di tempo ad una persona molto speciale, di cui vi voglio parlare adesso e che di tempo da perdere ne ha proprio poco.

Quando si gira per il mondo, si incontrano molte persone speciali e questa si chiama Elisa, ma tutti la chiamano Lieke ed è una ragazza belga che dedica la sua vita a dare una mano agli altri e non è una cosa da poco. Dalle Filippine alla Cambogia, nei momenti più neri e più difficili, sempre ad organizzare e a cercare di far partire progetti per gente senza speranza, in situazioni che sembrano senza speranza, ma che, anche con il suo aiuto, oltre a quello di tante altre persone di buona volontà, alla fine, un po' di speranza riescono ad intravederla. Fame, malattie, mine, acqua fetida sono i piccoli problemi da affrontare ogni giorno ed io le ho aggiunto anche il mio problema, quello della camicia cambogiana da cerimonia. Sì, un po' mi vergogno, ma che piacere stare con questa ragazza, sempre di corsa ed indaffarata, che sembra fare ogni cosa con gioia, anche se i problemi sono tanti.

E poi non basta mica voler fare le cose, voler aiutare la gente. Non basta farsi ore di camionetta per andare a vedere se i pozzi funzionano, traversare kilometri di risaie per controllare, verificare, seguire i corsi alle donne sull'uso dell'acqua potabile e delle regole fondamentali dell'igiene. Bisogna sapersi anche muovere nei posti giusti, negli uffici adatti, sapere le strade della burocrazia, conoscere le persone che ti possono aiutare a dare le autorizzazioni, convincere, trattare. Adesso vanno di moda gli abusi sui minori, c'è meno attenzione al problema dell'acqua pulita. Dunque parlare, convincere, ancora prima di cominciare a fare. E' per questo dunque che voglio ringraziarla di cuore, questa ragazza dall'allegria contagiosa, per avermi accolto come un amico e per il suo tempo prezioso che mi ha dedicato ed è per questo che voglio farle i miei migliori auguri, sono certo anche da parte di tutti voi che mi seguite, perchè tra pochi giorni Lieke compie 76 anni e con tutto il da fare che c'è, non so se li potrà festeggiare come si conviene.

LETTERE DALLA KAMPUCHEA 6: SCENE DA UN MATRIMONIO.
Aprile, l'apice della stagione secca in cui non si svolgono lavori agricoli è, per tradizione il mese dei matrimoni in Cambogia. Il nostro sarà proprio un gran bel matrimonio. La strada davanti alla casa dello sposo è stata quasi completamente sbarrata con la costruzione di una enorme tenda arancione dove sono disposti decine di tavoli; nei giardini pubblici di fronte il "catering" ha disposto grandi pentoloni da cui verrà in continuazione fornito cibo agli invitati che arrivano. Al mattino del primo giorno sono già arrivati i monaci per la parte religiosa della cerimonia. Noi, bardati a puntino con le nostre camicie cambogiane di ordinanza, facciamo la nostra figura, prendendo posto in un tavolo di prima fila, da dove si possono seguire i vari momenti della festa con tutta calma. Mentre ci vengono serviti maiale, pesce fritto e una zuppetta di pesce (sempre tre portate per volta), gli sposi, in tradizionali vestiti cambogiani color bronzo, vengono benedetti dai monaci e fanno offerte e altri atti di devozione ai componenti anziani della famiglia.

L'orchestra tradizionale suona musica sulla sfondo e tutti i movimenti sono svolti con una grande staticità. Per almeno due ore gli attori del dramma, inginocchiati e quasi immobili fanno soltanto lievi inchini o piccoli movimenti delle mani. La temperatura intanto sta salendo a livelli insopportabili; sotto il tendone la cappa plumbea intorpidisce corpi e movimenti mentre il sudore scorre copioso. Gli invitati fraternizzano e anche noi siamo oggetto di cortesi attenzioni. Si siede con noi un parente importante che ha studiato in Mongolia. Oltre alla lunghissima unghia del mignolo che caratterizza gli uomini più agiati, esibisce un anello di rubini e brillanti che non passa inosservato. Un gruppo di anziane donne si affastella nello stanzone della cerimonia per vedere da vicino gli sposi. Tutte portano ricercate e di certo preziose camicie ricamatissime e ricoperte di pietre dure. Intanto la cerimonia prosegue, gli sposi si sono cambiati d'abito, questo è color oro vivo. Ne cambieranno cinque o sei nei due giorni di festa, sempre coordinati, come anche i tre compari dello sposo e le tre damigelle della sposa. Anche i gioielli sono diversi e in tono con gli abiti. Una parrucchiera è arrivata appositamente dalla capitale e tutte le signore ospiti ne possono approfittare. Le ragazze sono in gran spolvero e bisogna dire che, se nella normale vita di ogni giorno, non sono molto appariscenti, in queste occasioni, truccatissime, in vestiti sontuosi e con pettinature strutturate e ripiene di fiori, appaiono veramente bellissime.


Intanto i monaci con le bisacce colme di offerte se ne sono già andati. In un momento di tregua, lo staf dei fotocineoperatori, stende fondali e provvede alle foto di rito, sempre ufficialissime, con lunghe pose e attento controllo delle pieghe dei vestiti. Siamo ormai nel pomeriggio e mentre degustiamo il cosiddetto pesce formaggio (dal suo caratteristico odore), anatra arrosto e zuppa di verdure, parte il momento del taglio dei capelli agli sposi. Ecco che mentre i poverini sempre immobili (la sposa ha la testa leggermente piegata di lato con un sorriso immutabile da ore, pare una bambola di porcellana) rimangono seduti davanti alle offerte rituali, i parenti e gli amici più importanti fingono di aggiustare loro i capelli, bagnarli con profumi e renderli ancora più belli. Mentre il caldo arriva ad un livello insopportabile, giunge inatteso uno scroscio di pioggia talmente violento da abbattere in pochi minuti il tendone; torrenti d'acqua bagnano tutto il bagnabile, mentre la strada si allaga immediatamente. Nessuno fa una piega, tutto viene tolto e dopo una mezzoretta, rimontato al suo posto.

E' tutto un andirivieni di ospiti, che vengono e vanno, sono via via accolti, salutati, nutriti e omaggiati, mentre le operazioni per i poveri sposi proseguono imperterrite. Arrivano un gruppo di ragazze ad eseguire danze tradizionali, come le Apsaras dei bassorilievi dei templi. Il maestro di cerimonie scandisce i tempi e detta lo svolgersi dei vari momenti. Finalmente a sera riguadagniamo la guest house, mentre in un attimo gruppi di bambini e mendicanti ripuliscono i tavoli di ogni cosa selezionando lattine, bottiglie di plastica per un riciclo immediato. Alle sei di mattina del giorno dopo, ci aspettano per la processione. Siamo qualche centinaio di persone che partendo dal tempio, ognuno fornito di apposito vassoio con una offerta simbolica, chi una testa di maiale, chi un pollo, chi due scatole di pelati, chi frutta o altro, procedono al suono degli strumenti e guidati dal cerimoniere, attraversando il paese verso la casa dello sposo. Due deliziosi bimbi aprono il corteo. Quando arriviamo, deponiamo i doni in una camera (io avevo un pacchetto di biscotti che sembravano amaretti), i genitori degli sposi ci accolgono con piccoli doni tradizionali tra cui una bustina in cui ci devono essere alcune piccole banconote, simbolo di opulenza. Mentre la sposa in uno splendido vestito rosso, fa ancora foto con le bellissime amiche, ci viene servita una colazione di pesce, costine di maiale e verdure fritte.

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