CALIFORNIA
USA
15 luglio - 7 agosto 2014

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INDIAN CANYONS (1/2)

A soltanto un paio di miglia da Palm Springs ci sono dei canyon molto belli che decidiamo di visitare. Intendiamoci: pur non avendo niente a che vedere con l'imponenza del Gran Canyon, in ogni caso sono dei posti molto suggestivi per i quali vale la pena sfidare il caldo atroce.
Si chiamano «Indian Canyons» e. com'è facile immaginare, sono gestiti da una tribù di indiani, il cui nome è "Cahuilla-Agua Caliente".
Gli Indian Canyons sono tre, e paghiamo 8$ a testa per entrarvi. Cominciamo l'escursione da quello più esteso: il «Palm Canyon».

Nonostante sia mattina la temperatura è già oltre i 40°C, per cui con piacere ci rifugiamo all'ombra dele imponenti palme che appartengono a una specie indigena molto particolare: la washingtonia filifera, che ha la caratteristica di non perdere le foglie secche, come avviene per le altre palme. Ne deriva che queste foglie tendono ad accumularsi formando delle imponenti "barbe" dalle quali si può desumere l'età della pianta.

Sul letto del canyon scorre un fiumiciattolo, che conserva una vena d'acqua anche nel periodo più torrido dell'estate. L'umidità garantisce, quindi, a molte piante la sopravvivenza, mentre pochi metri appena più su ricomincia il deserto.
In alcuni punti particolarmente ombreggiati (dove vediamo anche delle sorgenti di acqua calda) crescono delle piante acquatiche che ricordano il papiro, e che gli indiani utilizzavano per costruire panieri e corde.

Mentre si avvicina mezzogiorno, torniamo verso il Visitor's Center. Ci tocca attraversare un paio di volte il fiumiciattolo, ma Vincenzo (foto a destra) sembra ormai aver preso dimestichezza con un elemento a lui così ostile come l'acqua. Saltella al di qua e al di là del ruscello come uno di quei cerbiatti che abitano nel canyon, ignaro di un cartello che all'ingresso invitava a prestare attenzione ai serpenti a sonagli che prediligono le zone umide e ombreggiate!

Fortunatamente non avvistiamo alcun serpente, e ci accingiamo a inziare la visita del secondo canyon. Al parcheggio presso il Visitor's Center c'è un po' di concitazione: vediamo un tizio alquanto agitato che dice: «I can't find her!». Evidentemente si è persa una ragazza, ma - pensiamo - non è il caso di preoccuparsi più di tanto. La troveranno presto, poichè, in fondo, è facile ritrovare la strada dato che il canyon è incanalato tra due costoni rocciosi.
Così partiamo; i finestrini sono spalancati per far circolare l'aria il più possibile; ed è così che, dopo pochi minuti, sento una sorta di grido-lamento proveniente dalla parte bassa del canyon. Deduco subito che deve trattarsi della persona scomparsa, e così è!
Si tratta di una donna che procede barcollando. Ci fermiamo in mezzo alla stradina (tanto non c'è nessuno) e la chiamo. Appena mi vede la donna, che si trova in un avvallamento un paio di metri più in basso, si precipita versodi me, ignorando gli arbusti spinosi che ci separano.
E' visibilmente impaurita e mi chiede subito se abbiamo dell'acqua fresca. Ha con se una bottiglietta d'acqua vuota per tre quarti; immagino che abbia voluto risparmiare il fatidico "ultimo sorso". Non faccio in tempo a dirle che abbiamo del Gatorade freddo (suona un po' come una Coca-Cola nel deserto, ma, in effetti, è così), che arriva una macchina in senso opposto; non può proseguire perchè la nostra macchina blocca la strada. E' un ranger che lì per lì non capisce la situazione: è un po' tontolone, ascolta la musica con le cuffiette e sta al fresco dell'aria condizionata... In pratica, coi finestrini chiusi non avrebbe di certo sentito i lamenti della donna. Ora, invece, dopo che gli spiego la situazione, scende dall'auto e soccorre la donna, prendendosi tutto il merito del salvataggio! Non è giusto!!! E io che mi sentivo già Indiana Jones! Non ci resta che andar via, contenti di aver contribuito al lieto fine della vicenda, anche se non passeremo mai alla storia.

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