PHNOM KULEN (1/2)
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LETTERE DALLA KAMPUCHEA 13: NON SI VIVE DI SOLA CULTURA.
Quando mi risollevo dal torpore , è fatica lasciare l'amaca e questo luogo di pace. Il pomeriggio è veramente afoso e la fatica è appena lenita dall'aria calda che ti carezza mentre stai abbandonato sul sedile del tuk tuk che scivola lento, abbandonato sul sedile del tuk tuk che scivola lento tra un tempio e l'altro. Anche qui non capisci bene se è il clima che ti ottunde i sensi o la sazietà di bellezza che ti impedisce di provare le stesse potenti sensazioni o lo stordimento estatico che hai provato di fronte alle prime immagini. Certo bisognerebbe resettare tutto, ricominciare psicologicamente dall'inizio, come se fosse il primo tempio che vedi, la prima scultura. E' un po' come quando sei alle ultime sale degli Uffizi, come puoi stupirti ancora dopo Botticelli e Raffaello, eppure se avessi fatto il percorso inverso, come saresti rimasto attonito fin dai primi quadri. Niente da fare è il senso di assuefazione e di sazietà dell'uomo, che siano odori, che siano cibi o femmine, dopo un po' la mente si abitua al bello e vorrebbe qualcosa di più alto, di più sublime.
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La serata è piacevole con le sue temperature più umane e ti lascia scoprire la cittadina ormai preda del turismo di massa con tutti i suoi pregi e svantaggi. La strada più affollata (Pub street, un nome, un programma) è fitta di ristoranti e locali pronti all'happy hour, in questa stagione di morta, pieni di saccopelisti e di routard di lungo corso in cerca di un boccale di birra a buon mercato. Ma questo è il momento, se le vostre viscere hanno ormai trovato la pace che il luogo suggerisce, di provare a raccontare un po' della cucina locale, che non è assolutamente priva di interesse, anzi (vero Acquaviva?). Spostandosi intorno al centro ci sono un sacco di locali, dove provare e sperimentare i gusti e i sapori non troppo violenti e accattivanti della cucina cambogiana. Attenzione ad insegne tipo "Khmer food - home cooking" dove mi sono stati offerti Khmer Vegetarian Canelloni, Khmer lasagnas, Tiramisù and our fantastic pizzas with wood fire. Vi parlerò invece dei piatti più tipici di questa cucina, meno speziata delle altre indocinesi che la circondano, trascurando le curiosità che fanno troppo turista in cerca di esotico come i ragni di Skun o i grilli glassati...
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Un'altra specialità da testare riguarda il sistema di cottura detto Lok Lak anch'esso valido per diversi tipi di carne dal pesce al maiale, ma usato soprattutto per il manzo. Si tratta di ridurre la carne in piccoli pezzi da marinare a lungo in salsa di soya, salsa prahoc, olio, sale, zucchero, pepe nero, aceto e altri sapori locali a piacere; il tutto viene passato con fecola di mais e poi nel wok rovente alla cinese, versando a poco a poco la salsa della marinata fino a consumarla tutta e servito su riso pilaf. Anche questo è un piatto molto gradevole che vi risolverà molte situazioni di dubbio. Un ultima parola prima di andare a dormire sulla salsa prahoc. Si tratta di una macerazione con successiva fermentazione del pesce che rilascia un sugo che ritengo abbia molto in comune con il garum dei nostri padri latini e che ad onta dell' idea, non è poi così sgradevole. Il pastone che rimane dopo l'estrazione della broda, viene anche detto pesce formaggio grazie al suo aroma ed usato in altri piatti, di cui non vi dirò il nome locale per malizia. Sappiate comunque che una coppia che ha dovuto per necessità, usufruire di un trasporto su un carro che aveva appena scaricato diversi barili di questo prodotto, si è ovviamente assuefatta dopo una decina di minuti, ma ha poi avuto seri problemi in albergo, nonostante il servizio lavanderia fosse intervenuto più volte sui loro vestiti. E con questo direi che ci meritiamo il sonno del giusto perché domani ci aspetta il Grand Circuit e altre maraviglie.
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