Rajasthan
India
15 dicembre 2012
1° gennaio 2013

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DESHNOKE: il "Tempio dei Topi"

A poco più di venti chilometri da Bikaner c'è uno dei posti più surreali (o meglio: assurdi) nei quali siamo mai stati: ci troviamo nel villaggio di Deshnoke dove c'è il tempio di Shri Karni Mata.
Dall'esterno sembrerebbe un tempio indù come tanti altri. In effetti, però, ha una caratteristica che lo rende veramente unico in India (e probabilmente in tutto il mondo): è un tempio dove si adorano i topi!!!

Topi, migliaia di topi, ovunque topi... Il bello è che - come in ogni altro tempio indù o giainista o sikh - bisogna entrare nel tempio scalzi! Incredible !ndia!

Nel Tempio dei Topi di Deshnoke: la leggenda indù dice che chi trova un topolino bianco avrà tantissima fortuna! Ovviamente noi abbiamo visto solo sorci grigi!

Secondo la leggenda, i bambini morti di una casta che abita nella zona si reincarnerebbero in questi simpatici (ma neanche tanto) topolini. Ecco perchè migliaia di fedeli accorrono qui da tutta l'India: sono soprattutto coppie che desiderano avere un figlio o i cui bambini hanno ricevuto delle grazie. In entrambi i casi questi fedeli portano cibarie varie per i sorcetti: palline alla vaniglia e al cocco, dolcetti di cereali, granaglie di vario tipo e altre delizie che vengono depositate ai piedi di un altarino posto nel sancta sanctorum dove i turisti non possono entrare. Incredible !ndia!

Come detto, nello Shri Karni Mata Temple si entra scalzi. Le scarpe possono essere lasciate in un apposito deposito posto all'esterno dell'ingresso principale, accanto a decine di bancarelle che vendono souvenir e cibo sia per le persone che per i topi, ovviamente!
Vincenzo, al quale non avevo detto subito che avremmo visitato questo tempio (che mesi prima avevamo visto in una puntata de "Alle falde del Kilimangiaro"), non è particolarmente entusiasta di entrare scalzo. E, se per questo, neanch'io! In effetti avevo preparato due paia di calze usa-e-getta da indossare per l'occasione, però le ho dimenticate nello zaino che è rimasto in hotel! Che sfortuna!!!
E così, con passo esitante, entriamo in questo tempio dove i topi sfrecciano indisturbati tra le gambe dei turisti o fedeli. L'odore non è dei migliori e c'è una cacofonia assordante nella quale si confondono non solo tamburi e trombe, ma anche le grida di chi ha paura dei topi.
Ah: bisogna stare attenti a non calpestarne uno perchè, se lo si uccidesse (anche per errore, ovviamente) la multa sarebbe salatissima!
Inoltre è opportuno infilare le estremità inferiori dei → → → pantaloni dentro le calze, per evitare che un topolino biricchino si intrufoli dentro i pantaloni stessi risalendo su su per la gamba "destinazione paradiso"!!! Incredible !ndia!

A questo punto devo lasciarmi andare a una considerazione particolare. Anzi: alla riflessione che più di ogni altra si è sviluppata durante il viaggio in India...
Un tempio dove si adorano i topi; un altro tempio (del quale dirò in seguito) dove si adora una bicicletta; e le mucche sacre,... Basta!!! Ammetto il principio generale che la libertà religiosa rientri nei diritti fondamentali dell'uomo, e ammetto anche che esso debba ricomprendere qualunque tipo di credo. Tuttavia è più forte di me. L'immagine della religione come "cibo dell'anima", già fortemente compromessa prima di visitare l'India, si è definitivamente distrutta dopo aver visto direttamente certe assurdità.
Intendiamoci: adorare una ammasso di ferraglia (quale una bicicletta) o una miriade di sorci non è molto diverso dal partecipare in modo fanatico e superstizioso ai riti pagano-cristiani della processione di Sant'Agata a Catania o dall'inginocchiarsi di fronte a una statua di qualche santo della chiesa cattolica. E non mi si venga a dire che il simulacro (statua o quadro che sia) posto nella nicchia di una chiesa non dev'essere adorato in quanto tale ma solo come idea che fa da tramite tra il fedele e Dio!
Da un confronto tra cristianesimo e induismo, o più in generale, tra il pensiero giudaico-cristiano occidentale e quello di stampo orientale (accanto all'induismo metterei buddismo, scintoismo e tutti i culti dell'Asia), l'unico elemento di superiorità che riesco ad attribuire al cristianesimo è la profonda speculazione filosofica che ha saputo sviluppare nel corso dei secoli (indipendentemente dal fatto che tale speculazione sia giunta o meno a delle verità effettive). Nelle religioni orientali, invece, c'è un'ingenuità interpretativa della realtà che è sconcertante.
Non vorrei essere frainteso: non che nell'induismo o nel buddismo non ci siano spunti di riflessione profonda; tuttavia essi sono relegati in una posizione marginale per addetti-ai-lavori (monaci e saggi che meditano nei monasteri e nei templi) mentre il grosso della popolazione rimane estraneo all'impatto profondo della speculazione religiosa, limitandosi a una serie di riti che non tentano nemmeno di mascherare la superstizione, come invece fa il cristianesimo che, se non altro, cerca di camuffare il carattere superstizioso del rito religioso, ammantandolo di un valore trascendente fatto di dogmi e misteri e non di topolini che sgranocchiano polpettine di cocco!
La conclusione è...

...La conclusione è del tutto sconcertante. Basta riflettere che in India vivono un miliardo e duecentomilioni di persone che adorano topi, ovvero, mutatis mutandis, mucche, eucalipti o biciclette. Aggiungiamo un miliardo e trecentomilioni di cinesi che - visti nei templi buddisti di Singapore o Kuala Lumpur - offrono riso a delle statue. Siamo già a due miliardi e mezzo di persone, il che equivale a oltre un terzo dell'intera umanità che vive di superstizione (nella migliore delle ipotesi) o di fanatismo (nella peggiore). Nè le cose migliorano se aggiungiamo l'integralismo graffiante e assurdo dell'Islam, ovvero, dulcis in fundo, lo stucchevole buonismo ipocrita del cristianesimo: l'umanità nel XXI secolo vive ancora nella superstizione... In pratica, una sorta di Medio Evo con l'I-phone!
E in questo marasma generale, i Cristiani - piccola minoranza (quantitativamente parlando) - sarebbero gli unici ad avere capito/indovinato/trovato la verità? Sarebbe una gran-botta-de-culo (come dicono a Roma)!!! Purtroppo cozza se non altro col calcolo delle probabilità, con la conseguenza che la pretesa di essere gli unici depositari della verità (questo vale per il cristianesimo come per ogni altra religione) è solo pura e semplice arroganza, oltre che una misera utopia.
Chissà se queste mie considerazioni saranno mai lette da qualcuno. E se questo qualcuno volesse esprimere la sua opinione, questa è la mia email: tropic62@hotmail.com.

Usciamo dal tempio di Karni Mata alquanto tesi: non ci era mai capitato di passeggiare amenamente tra centinaia di sorcetti, per giunta scalzi. Andiamo a recuperare le nostre scarpe nel chioschetto dove le avevamo lasciate; io, prima di indossarle, mi tolgo le calze che, dopo aver calpestato il pavimento del tempio, non voglio nemmeno lavare: le butto via seduta stante. Vincenzo, invece, le conserva in un sacchetto di plastica che momentaneamente conserviamo nel cofano della macchina di Goga: sono calze firmate Bikkemberg regalate da Annamaria; costeranno sui dodici euro... Peccato gettarle via...
E' il momento di tornare a Bikaner, ma le stranezze non sono ancora finite: infatti Goga, dopo il tempio dei topi, ci porta a visitare un altro tempio, anch'esso caratterizzato da una singolarità...

Siamo nel Bhandashah Jain Temple, un tempio jainista che ha la stranezza di essere stato edificato nel 1514 su delle fondamenta nelle quali i costruttori gettarono oltre 40.000 chilogrammi di burro a scopo propiziatorio!
La cosa veramente incredibile è che ancora oggi, a distanza di cinquecento anni, durante l'afa della torrida estate del Rajasthan il burro nelle fondamente si liquefa e fuoriesce dal pavimento, ungendo il marmo e mantenendolo estremamente lucido (e scivoloso!). Incredible !india!
A proposito di Jainismo: questa religione è decisamente poco nota in Italia e in Occidente. In effetti non ha tantissimi seguaci: "appena" quattro milioni di fedeli, concentrati soprattutto nel Rajasthan, nel Gujarat e nell'India Meridionale.
Il Jainismo nacque ben prima dell'era cristiana come reazione ai culti sanguinari che si basavano su sacrifici animali (e, a volte, umani). Per questo predica l'assoluta non-violenza e l'uguaglianza tra tutti gli esseri viventi, dall'uomo agli insetti!
Un aspetto molto particolare del Jainismo è rappresentato dal fatto che si tratta di una religione senza alcuna... divinità! Sì, proprio così: non c'è alcun dio che venga venerato, ma oggetto del culto sono 24 saggi (chiamati Thirtankara) i quali sono stati esempio di virtù pura e assouta.

I Jainisti credono che l'universo proceda per cicli alterni di progresso e regresso;... è facile comprendere a questo punto come la nostra epoca, caratterizzata da Berlusconi, lo spread tra Bund tedeschi e BTP, il Pulcino-Pio e Belén Rodriguez seminuda in TV, sia decisamente un periodaccio di regresso!
La dottrina jainista si basa su 5 "pilastri", cioè 5 precetti fondamentali che ogni buon fedele dovrebbe seguire:
1) non uccidere alcun essere vivente (il che implica uno stretto regime vegetariano);
2) non rubare (e questo va bene);
3) distaccarsi dai beni materiali (facile a dirsi... Poi però costruiscono templi ricchissimi);
4) mantenersi casti (ma figuriàmoci!!!);
5) non mangiare di notte! (sic: al buio un insetto potrebbe inavvertitamente finire in bocca ed essere mangiato, venendo così meno al primo e al secondo principio!!!).
Per questo molti monaci nei templi portano davanti alla bocca una mascherina di stoffa (come quella dei banditi nel Far West o dei chirurghi in sala operatoria) affinchè un insetto non sia casualmente ingerito o respirato. Per lo stesso motivo nei templi si vedono ovunque delle scope che servono a spazzare di continuo il pavimento per evitare che formiche o bruchi siano calpestati. E infine va segnalato il rifiuto dei monaci di salire su veicoli poichè le ruote inevitabilmente schiaccerebbero animaletti vari. Incredible !india!

Nel tempio jainista di Bikaner veniamo avvicinati dal guru che ne costituisce la massima autorità. Dice di chiamarsi Jagu, è un gran chiacchierone e ci parla con uno strano idioma fatto di parole inglesi, italiane, francesi e spagnole... Mi ricorda il miscuglio linguistico di Salvatore, il monaco protagonista de «Il Nome dela Rosa» che si esprimeva con un'accozzaglia di termini provenzali, fiamminghi, iberici, latini e italiani...
Jagu è un tipo strano e si... "appiccica" a Vincenzo, che di volta in volta chiama "my friend", "brother", "hermano", "fratelo"... Uhm, la faccenda comincia a insospettirmi...

Jagu continua a parlare con un fiume di parole. Ci racconta che è la sua famiglia è a capo del Bhandashah Jain Temple da ben 35 generazioni, che ha una moglie con la quale non va d'accordo - «entiendes, fratelo?» - e che ama la vita perchè offre sempre esperienze nuove ed eccitanti...
Cerca di pronunciare il nome di Vincenzo in modo corretto, ma non ci riesce e si spancia per le risate per un nome ritenuto buffo...: «Viccetso, Vintensio, Vikeccio»,... poi riattacca con la storia del fatto che Vincenzo è suo fratello, e finisce col presentarci colui che ci presenta come il suo boyfriend!!!
Lo dicevo io che non me la raccontava giusta!!! Ma come?!? E che fine fa la castità dei monaci jainisti? Glielo faccio notare e lui scoppia nell'ennesima fragorosa risata, cercando di spiegare in modo confuso una sua teoria dove non capiamo niente se non che lui e il suo boyfriend «fuck ensemble de noche e de matina» e altre amenità che ci fanno trasecolare! Ma Come? Siamo in un tempio e questo satiro ci parla di sesso sfrenato?!?


Che giornata intensa! Prima il tempio dei topi; poi il tempio jainista col monaco che ci ha provato... E' proprio il caso di ripetere ciò che è ormai diventato lo slogan che accompagna la nostra esperienza in Rajasthan: Incredible !ndia!
Torniamo in hotel che è ormai buio. L'albergo è bello ed è ricavato in un palazzo che è anch'esso - come a Mandawa - un'haveli; infatti si chiama «Harasar Haveli» e la nostra stanza è ampia e luminosa. Mi precipito in bagno per un pediluvio purificante: dopo l'esperienza della visita a piedi scalzi nel tempio dei topi, pur avendo gettato via le calze, non vedo l'ora di mettere i piedi a mollo!

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